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Ammutinamento?!

26 Dic

Sono sempre più tentato di non pagare la mia retta annuale. Per me, oramai, l’Ordine è come il Natale per gli atei: qualcosa in cui non credi, ma che ti costringe lo stesso a fare regali.

ammutinamento

Tutta la verità sulla profezia dei Maya (6)

19 Dic

L’avete guardata anche voi, la pre-ciano?
Sì.
Sì. Certo.

Col cazzo. Ormai siamo all’ammutinamento. Al rigetto per il lavoro. L’attesa snerva e indispone. Ci siamo già assunti le nostre responsabilità, io e il mio collega dello sport. Anche per questo numero. Nonostante le incertezze fossero note già da tempo, noi siamo dei professionisti e ci comporteremo come tali fino all’ultimo secondo. Ma di fronte all’ennesimo e inutile giro di bozze ci siamo rifiutati. I tempi son stretti. Anche volendo non ci saremmo riusciti. Ma alla domanda della nostra capa abbiamo risposto di sì. Mentendo. D’altronde non ci sentiamo rispettati. E con il rispetto è come un baratto. Si scambia. Non si regala mai.

Tutta la verità sulla profezia dei Maya (5)

16 Dic

L’ultimo pollo. L’ultima bustina di mayonese. L’ultima patatina. Roba che se lo dite a Rocco gli piglia un coccolone.

Qua ogni cosa sembra l’ultima. Qua ogni cosa ha il sapore del definitivo. Anche il pollo. La mayonese. Le patatine. Ok. Delle patatine parliamone, per favore.

Qua il problema è che tutto ci ricorda l’apocalisse imminente. Tutto si trasforma nell’occasione per pensare che forse non rifaremo quello che stiamo facendo. Non qui, non in questa redazione. Tipo mangiare il pollo già pronto del mercato come ogni santo lunedì, inondato di mayonese e accompagnato da un mare di patatine. Ogni scusa è buona per ricordarci che manca una settimana alle vacanze di Natale, e che questa è forse l’ultima di lavoro per noi. L’ultima davvero. E questo limbo del cazzo non può che farci pensare una cosa. Che le vacanze imminenti potrebbero rivelarsi più lunghe del previsto. A tempo indeterminato. Beate loro.

Tutta la verità sulla profezia dei Maya (4)

13 Dic

Piombo nei polmoni. E’ quel che sembra di avere, in questo pessimo venerdì. Perché piombo è quel che sembra di respirare, con quest’aria così pesante che la metà basterebbe. Va così, in questo frangente che somiglia tanto alla fine del mondo. Nervosismo alle stelle. Battibecchi dal nulla. Sovrabbondanza di rimproveri dall’alto. Colleghi che confabulano per i corridoi (me compreso). Ma soprattutto tanta voglia di risposte. Risposte che non arrivano, mentre le domande si moltiplicano come i pani e i pesci. Ironia della sorte: pare proprio che presto, per mangiare, servirà un miracolo anche a noi.

Tutta la verità sulla profezia dei Maya (3)

12 Dic

Ma sì, KronaKus, cosa te ne frega? Tanto meglio se non puoi andare in vacanza a Capodanno come tutti gli altri. Poi da gennaio avrai tutto il tempo per farlo.

Io e la photoeditor a parlare di ferie. Mai più. Non ce l’ho con lei, ma con l’inesorabilità del suo dire. Delle sue tesi. Che poi sono le stesse di buona parte dei miei colleghi. Tutti convinti che ormai, per come stanno le cose, noi dal nuovo anno non avremo più un lavoro.

Intanto siamo qui. In attesa di un responso, di un conforto. Di una coccola. Ma non arriva niente del genere dai piani alti. E allora siamo scesi noi a quelli più bassi. Per farci coccolare dal pizzaiolo che sta dietro la redazione.

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Buongiorno un cazzo

27 Mar

Stamattina. Erano quasi le 10 quando sono entrato in cucina per prelevare dal frigo la mia porzione elefantiaca di bavette al basilico. Non per colazione, eh. E’ stato il mio pranzo di oggi. Sì, di solito mi preparo la pasta la sera prima. Vuoi o non vuoi così risparmio qualche euro. Sono pur sempre un giornalista precario.

In cucina (stavo dicendo prima di perdermi nella mia logorrea da stress) ho incontrato uno dei miei coinquilini. Uno dei pochi rimasti in questi giorni. Gli altri sono già dalle loro famiglie. Perché a questo mondo c’è ancora chi può gustarsi la Pasqua, e non la confonde con un devolavorarechec’holachiusurasennòsoncazzi.

Buongiorno, gli ho detto.
Buongiorno, mi ha risposto.

Poi gli occhi mi si sono posati sul televisore. C’era Gasparri su La7.
Buongiorno un cazzo.

La gravità mi fa male lo so (3)

21 Gen

Non sono uno che si fa infinocchiare dai saldi. Questa, però, potrebbe fare proprio al caso mio.

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La gravità mi fa male lo so (2)

18 Gen

Polletto?, mi ha chiesto appena arrivato. No, non mi stava domandando come mi chiamo. Il mio nome lo conosce bene, e ancora meglio conosce le mie abitudini alimentari. Mi stava chiedendo cosa ci fosse dentro la busta che tenevo in mano, certa di indovinarne il contenuto. Ma Miss Finocchio Lesso dovrebbe imparare che il pasto fisso non esiste più. Che se l’altro giorno mi sono divorato mezzo pollo arrosto con due dozzine di patate non significa che sarà sempre così. Ho una coscienza, io. E un fegato. Forse. Che poi il mezzo pollo è la specialità del lunedì. Oggi è venerdì. Un giorno che col lunedì, per fortuna, non ha proprio niente a che vedere. E meno male.

Appena arrivato nella poderosa mensa di redazione ha buttato l’occhio sul mio sacchetto e mi ha fatto quella domanda. Ormai durante il pranzo sembra di fare l’inventario per il reparto alimentari dell’Auchan. Si elencano gli ingredienti riversati nel proprio piatto mignon. Si contano i carboidrati ingurgitati come se all’imbocco dell’esofago ci fosse installato un glucid-detector. E alla fine si fanno progetti sulla cena in relazione a quanto (e a cosa) si è appena mangiato. Io stasera mi concederò una pizza gigante. Con birra a fiumi. Affluenti compresi. Me lo posso permettere, e non soltanto per il mio ventre a forma di porcello salvadanaio. Che non è pieno di soldi, ma di torroni a brandelli, costolette mangiucchiate, lenticchie mal digerite durante le feste. E non necessariamente in quest’ordine. Me lo posso permettere perché oggi mi sono tenuto leggero. Leggerissimo. Sì sì. Tra poco esco dalla redazione, e ho quasi paura di volare via alla prima brezza.

Polletto, mi ha chiesto appena arrivato.
No. Lasagne, ho risposto.

E stasera pizza gigante. Con birra a fiumi. E come tutti i fiumi scorrerà verso il mare. Magari al mio mare. Dove quest’estate, di ‘sto passo, troverò un nuovo lavoro. La boa.

La gravità mi fa male lo so

16 Gen

Finocchi lessi. Carote, carciofi e qualche zucchina. Con in mezzo appena qualche residuo di pasta. Ma senza esagerare. Ormai a pranzo si fa sul serio. Il Natale ha trasformato tutti in panettoni, con i brufoli da sovraccarico digestivo a fare da uvetta. E alla mensa della redazione (un tavolo rettangolare su cui ognuno consuma le cose che si porta da casa) si sta molto più attenti a cosa si mangia. Finocchi lessi. Carote, carciofi e qualche zucchina. Con in mezzo appena qualche residuo di pasta. Poi sono arrivato io. Mezzo pollo arrosto, con patate iper-salate al momento dalla simpatica signora della gastronomia ambulante, che ogni volta s’impegna insieme al suo gentilissimo marito a minare la mia traballante pressione arteriosa. Precaria, direi. Pure lei.

Tutti a mangiar sano. E io che mi strafogo. Il fatto è che me lo posso permettere. Cioè, voglio dire, i quattro euro e quaranta da dare alla signora ancora riesco a racimolarli. E se invece che al portafogli guardassi al mio girovita (da me rinonimato giroeternità per ovvie ragioni di circonferenza) sarei comunque della stessa identica opinione. Me lo posso permettere. Mi guardo allo specchio. Sembro il porcellino salvadanaio. Quindi posso.

A consolarmi, stamattina, una voce amica. Diciamo.
KronaKus, ma da quando sei arrivato qui sei forse ingrassato? Ti ho visto passare, prima. C’ho pensato e te l’ho voluto dire. E’ che quest’estate eri tutto bello massiccio. Invece adesso..
Zitto e incassa. Anzi, zitto e ingoia. E quindi ingrassa. Ancora. La voce amica era nientemeno che quella della direttrice. La mia proverbiale difficoltà a trattare con i potenti mi ha portato ad avere con lei un rapporto poco più che professionale. Si parla pressoché di lavoro. E poi di lavoro. E quando capita si discute pure di lavoro. Ma adesso abbiamo trovato una variante, grazie alla mia ciccia inserita a tradimento nel nostro risicatissimo repertorio.

Io nella vita ho sbagliato tutto (sarà forse per questo che mi si è allargata?). Non dovevo fare il giornalista. Dovevo fare l’aerobico. E’ quello l’unico lavoro di cui ho bisogno.

Durante il pranzo ognuno ha sbandierato i due ingredienti a testa utilizzati per preparare il proprio piatto smilzo. La più magra di tutta la redazione è quella dei finocchi lessi. Di questo passo sparirà del tutto. Io glielo dico sempre: Così verrai licenziata per assenteismo! Ma le orecchie le sono già sparite. Perciò non mi sente, ed è come parlare al vento. Che è comunque più grasso di lei. Pure se è vento secco.
Dopo aver elencato le ricette ipocaloriche di oggi, i colleghi hanno cominciato a scambiarsi sguardi compiaciuti. Avevano appena realizzato quanto fossero bravi e ligi al dovere, determinati a contrastare gli effetti ingrassanti delle feste. Poi, di colpo, la lobby del grissino integrale si è girata tutta verso di me. Mi sono sentito come un cinghiale sotto assedio. Con le ganasce piene a mo’ di criceto ho coperto il mio piatto col braccio. Ho provato a far credere loro che quello nel mio piatto fosse un pollo di soia, e che oggi il mais transgenico è così grosso da sembrare una patata. Ma niente da fare. Erano già così imbottiti di finocchi che non sono riuscito a infinocchiarli.

Alla fine sono andato in bagno a lavarmi la forchetta. Avevo la pancia piena di cibo e la testa traboccante di sensi di colpa. Ma d’altronde io non c’entro nulla. Io sono la vittima. La scorsa estate ero massiccio, non grasso. Muscoloso, non flaccido. Ma la forza di gravità non l’ho inventata io, ed è evidente come qui al nord si faccia sentire di più. Se i pettorali mi son scesi nell’addome è un fatto assolutamente naturale.

Poi sono tornato a prendere le mie cose nella non-mensa di redazione. C’era la signora Insu Lina, in ritardo sulla tabella di marcia, che si stava divorando una poderosa porzione di lasagne al ragù. Finalmente qualcuno che fa sul serio, mi sono detto. Qualcuno che mangia come si deve. E’ che lei se lo può permettere, e non deve nemmeno fare battute su portafogli e salvadanai. E dire che io ho vent’anni di meno. Non dovrei essere ridotto così, a perdere certi confronti. A essere costretto, in così tenera età, a rinunciare pure all’acqua gassata. Vuoi?, mi ha chiesto lei. No, ho risposto io. Quella roba gonfia.

Il cerchio nella vita

2 Gen

Canticchio filastrocche su aspiranti re, di fronte a uno schermo che mi ricorda quali sono le mie vere radici. Davanti ai miei occhi un cucciolo di leone in technicolor. Con tutta la magia dell’accaddì. Non è vero. Io a casa ho ancora un tubo catodico che all’occorrenza mi fa anche da scarico del water. Perché nel frattempo lo scarico vero s’è intoppato. E alla grande. E’ difettoso da una vita, ma i miei genitori hanno preferito fare la pavimentazione in giardino. Così che quando il cesso s’inceppa non ho nemmeno più uno straccio d’erba dove sotterrare i miei surplus digestivi.

Non so come, ma finisco sempre a parlare di cagate.

Vabè.
Dicevo che canticchio filastrocche su aspiranti re. Simba ne sa una più del diavolo. E Pumba assomiglia tanto a me, porcello sacrificale prossimo alle fine delle feste. Mi ricordo buona parte delle parole di certe canzoni, anche se molte cose non sono più come prima. Elton John s’è sposato, e Ivana Spagna s’è comprata il reparto di chirurgia estetica del Gemelli per farsi lo sconto da sola. Il Re Leone l’ho rivisto al cinema pure l’anno scorso. Con tutto lo spettacolo del treddì. E comunque io la colonna sonora l’ho consumata, all’epoca. Ho la cassetta (rigorosamente pirata), e sono praticamente cresciuto a suon di azuvegnaaaa zavavì zivavà.

Fatto sta che i primi quattro minuti di quel film sono una delle vette più alte del cinema mondiale. Una tra le più elevate di sempre. Io me lo ricordo come fosse ieri. E ripeto, a canticchiarle mi tornano in mente buona parte delle parole. Eppure di tempo ne è trascorso. Di acqua ne è passata sotto i ponti, e altrettanto è il vino che è sceso giù per il mio esofago durante queste ferie (o presunte tali). Mi è servito per sturarmi dai pandori interi incastrati tra il crasso e il duedeno. Alla fine il mio intestino si è rivelato tutt’altro che tenue. Il water, per non rischiare, ha già chiesto il trasferimento.

Ho guardato di nuovo i primi minuti del film, poi ho mollato. Sono tornato al mio pc, compagno di (s)ventura di ogni giornalista contemporaneo, aspirante e non. La televisione non fa più per me, anche se campo scrivendo di lei. E’ come se Sgarbi parlasse di Monet senza sapere chi è. Roba che si confonde, e finisce a parlare di portafogli e di salvadanai a forma di scrofa (questa vediamo chi la capisce). Ma poco male. Ho fatto bene a staccarmi da quello schermo (e da quel tubo catodico che emana odori d’oltretombola). Perché non fa bene pensare al tempo che passa. Io canticchio filastrocche su aspiranti re, sì, ma da quel giorno al cinema che ricordo come fosse ieri sono trascorsi quasi vent’anni. Quella volta ero pure magro, in piena età dello sviluppo, periodo che mi ha fatto da dieta dimagrante naturale. Prima ero un botolo, poi un mezzo atleta (più mezzo che atleta), e oggi sto tornando alle origini. Un botolo, insomma. Della serie mesomagnatolulaòppe. Oggi più che il cerchio della vita ho un cerchio nella vita. E alla testa, al pensiero che lunedì si torna tutti in redazione. Senza leoni. Senza canzoni. Ma con tutta la magia dell’accaddì.

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Da consumarmi preferibilmente entro il (2)

17 Dic

Stamattina. Ero ancora mezzo nudo quando mi hanno telefonato per avvisarmi dei pinguini che avrei trovato in redazione. Sentirmi dire di portarmi un secondo maglione per il freddo che avrei patito non è stato proprio il modo migliore per svegliarmi. Soprattutto perché ero appena uscito dalla doccia, mi dovevo ancora vestire e, diciamolo, non è propriamente Ferragosto. Senza contare che davanti a me vedo finalmente una luce (di Natale) in fondo al tunnel, e la mia voglia di andare a lavoro, oggi, era pari alla simpatia che gli esodati provano per la Fornero. Così al telefono ho sentito come un brivido doppio lungo la schiena. D’altronde in redazione era finito il gasolio, e questo poteva significare soltanto una cosa. Niente riscaldamento.

Ok, il mio contratto è al capolinea. Ma non mi aspettavo il trasferimento in Groenlandia così da un momento all’altro. E ok, l’ho paragonato a uno yogurt in scadenza, ma non c’era bisogno di mettere lui (e tutto me stesso) dentro una sorta di cella frigorifera.

Per tutta la mattina ho premuto i tasti del Mac a trecento all’ora, per non ritrovarmi dieci polaretti al gusto carne al posto delle dita. Poi il pranzo aziendale pre-natalizio. La direttrice ci ha offerto un pasto caldo nel suo solito locale di fiducia. Il tutto innaffiato con vino e champagne finale (nella Metropoli a Gas hanno strani irrigatori a forma di damigiana). A un certo punto il freddo accumulato in redazione era sparito. Non tanto perché in quel bar c’era un impianto di riscaldamento funzionante, ma probabilmente per l’alcol ingurgitato. Tanto la prospettiva era quella di tornare al volo in redazione per poi andare a casa presto, per non ammalarci proprio adesso che stanno per cominciare le feste. Abbiamo brindato. Chi al Natale. Chi al suo nuovo inizio. Chi ai Maya. E io lì, con il mio calice in mano. A dire cin cin per un contratto che non c’è, ma che se ci fosse mi farebbe passare un buon Natale. Senza dovermi organizzare un nuovo inizio. E senza costringermi a credere che i Maya, in fondo, avessero ragione in pieno. Perché venerdì questo mio mondo di parole e dita congelate potrebbe finire davvero.

Ghost’s writer

7 Dic

Sant’Ambrogio. Il patrono degli stacanovisti. Mentre Milano sonnecchiava tra i neon natalizi e sotto la prima nevicata di un inverno già piuttosto gelido, io me ne sono stato in redazione. Un privilegiato. Come sempre. Fortunato. Fortunatissimo. Qua si festeggia il patrono. E io lavoro. E niente neon. E niente neve. E niente gelo. E niente uncazzodiniente. Cosa voglio di più? Una flebo va benissimo, grazie.

Stamattina per andare a lavoro ho attraversato qualche viale. Per fortuna tra la stanza che ho preso in affitto e la redazione sono soltanto venti minuti di strada. Ho preso il tram, come mi capita spesso ultimamente. Senza pagare il biglietto, ovvio. Eh oh, so’ pprecario, io. Ma appena vedo salire uno che assomiglia anche solo vagamente all’ombra del trisnonno del ricordo dell’ologramma di un controllore scendo. E il resto del tragitto me lo faccio a piedi. Stamattina ho visto venir dentro uno col giubbotto blu (per me i controllori sono tutti così), e mi son detto non si sa mai. Così sono sceso. In giro non c’era nessuno. Solo io e un pallido sole. Neppure gli alberi sono riusciti a farmi compagnia, potati per le feste proprio nell’ultima settimana. O forse era la scorsa, ormai ho perso il conto. Milano città fantasma, sì. Proprio come quei fantasmi che ho provato a intervistare nell’ultimo periodo. Contatti impossibili, cinguettii improbabili da ricercare su Twitter. Eh sì, io sono quello delle interviste agli spettri. Signor Casper, lei ha qualcosa da dichiarare?!

casperFUCK

Amen.

EUROTeleKronaKus (4)

26 Giu

Questa volta ho davvero esagerato. Mi son fatto prendere la mano. Per favore, restituitemela. Quarantacinque giri. Di parole. Freddure gelate. Guardate la colonnina di mercurio e sparatemi un sonoro grazie. Quarantacinque euro-cazzate, dicevo, di quelle da competizione. Io contro Martufello. Secondo me finisce pure che perdo.

Al via l’ennesima, inutilissima EUROTeleKronaKus.
Bandiere in campo. Lampante l’identità delle squadre. Italia contro Croce Rossa. Se ci facciamo male siamo in buone mani.
Difficile scrivere freddure di fianco a mio padre che urla e subito dopo ha il coraggio di dire che queste partite non lo prendono più..
Calcio d’inizio. Dio salvi la regina. Ma non oggi, grazie.
“Palo!”. E sbuca un portiere cinese.
Balzaretti, cross per Casper. Si prevede un gol fantasma.
Buffon non ha riflessi. È direttamente uno specchio.
Balotelli, è ora che ti guadagni la pagnotta. Suvvia, parti pure avvantaggiato. La maionese già ce l’hai.
Buffon come Spider-Man. Ma c’è un Parker tra gli avversari. Sembra una sceneggiatura Marvel.
“Dobbiamo ancora trovare la posizione giusta”. Qualcuno tolga il libro del kamasutra da sotto gli occhi del telecronista Rai.
Balotelli s’è mangiato il gol, la maionese e tutta la pagnotta.
L’Inghilterra è partita forte, ma adesso stiamo controllando noi. Loro sono passati al cricket.
Balotelli, più entusiasmo. Ho capito la faccetta nera, ma questo non è calcio balilla.
Cassano. Passaggio. A vuoto.
Fase statica del gioco. Prandelli e Hodgson tentati dalla briscola.
Cassano tira per levarsi la ruggine di dosso. E io che pensavo fossero brufoli.
Motta indisposto. O ha le sue cose o è indigestione di cornetti.
Welbeck avanza solo. Talmente solo che sta per mettersi a piangere.
Finisce il primo tempo. Nessun infortunato. Palese la noia dei crocerossini.
Secondo tempo al via. È chiaro, però, come all’Italia manchi una punta. Uno che penetri. Che arrivi fino in fondo. Che lo metta dentro. Che ci faccia gridare. Godere. Cambio: fuori Cassano dentro Siffredi.
Tiro. Parata. Tiro. Parata. Tiro. Fuori. Gli azzurri con le mani sui capelli. Qualcuno passi uno scottex a Balotelli.
Svelato l’arcano degli errori di Balotelli. Non vuole segnare contro gli inglesi. Teme la rescissione del contratto.
Abate e Young, testa contro testa. L’azzurro sofferente. L’inglese è chiaramente un cornuto.
La loro difesa ha dei buchi che ci permettono di entrare. Rocco, pensaci tu.
Dai Diamanti non nascono i fior. E i gol??
Barzagli ammonito. Senza aver fatto male a nessuno. I crocerossini ostentano delusione.
Italia con il 4-3-2-1. Boom.
Italia ad albero Di Natale. Un chiaro messaggio subliminale per Prandelli.
Ma niente. Entra Maggio. Tutto un altro periodo dell’anno.
Overtime. L’Italia per vincere deve fare soltanto una cosa. Passare a Pirlo una bombola d’ossigeno.
Prandelli con una macchia in rilievo sulla giacca. O nei paraggi ci sono piccioni con la dissenteria oppure Balotelli si è messo a fare headbanging durante la pausa.
Giallo per Maggio. Ancora c’è tempo.
Il telecronista Rai ricorda come adesso ogni errore possa essere fatale. Ravanata tra i coglioni da parte di Buffon.
Balotelli, tiro telefonato. “Mi pari? Ma quanto mi pari??”.
Altro tiro telefonato di Balotelli. La Telecom ha già pronto il cesto per Natale.
Palo di Diamanti. Qui non si bada a spese.
Guardate bene. Diamanti non ha tatuaggi. È un frigorifero bipede pieno di calamite.
Young. Giovane. Ma con la botta che ha preso sta comunque per perdere tutti i denti.
Occasione d’oro per Diamanti. Momento prezioso per l’Italia.
Nocerino! Palla in porta!! …. Fuorigioco. Come perdere l’ugola per l’anima del cazzo.
Urla disumane a casa KronaKus. Tanto rumore per nulla.
Un finale rigoroso. Li mortacci..
Ok, sì, dai Diamanti nascono i gol. Quelli decisivi.
Italiani, popolo di scommettitori. Rigori, praticamente una lotteria. E chi avrebbe dovuto vincere se non noi??
L’Italia è in semifinale. Siete condannati alle EUROTeleKronaKus a oltranza.

E ho detto tutto. Appuntamento qui per giovedì sera, pronti per la semifinale contro i tedeschi. Calmi, però. Non vi agitate. State c(r)auti.

EUROTeleKronaKus (3)

21 Giu

Terza tranche di minchiate da servire fredde, possibilmente di fronte a un palla che rotola e a una pizza che invece no. Sennò rotolerebbero anche altre palle.

Queste cose le ho scritte durante l’incontro contro l’Irlanda (“l’incontro contro” suona proprio male..). Premetto che non avevo bevuto Guinness. Perlomeno non all’inizio. Ma poi era soltanto birra dell’Eurospin.

Bandiere che sfoggiano sul terreno di gioco. Quella irlandese sembra la versione scolorita della nostra. Lo stesso vale per i capelli dei due ct.
È il momento dell’inno. Speriamo di cantare quello alla gioia tra un paio d’ore.
Gelati dai retropassaggi. Si sente l’influsso di Thiago Motta.
Folk irlandese sulle fasce. Al centro la danza dei narcolettici in azzurro.
Italia ubriacata dal gioco avversario. Rubare le loro scorte di Guinness non è stata una gran trovata.
Pirlo si è fatto male calciando la gamba di un irlandese. Ma Tony Stark non era americano?!
Gioco sterile, ragazzi. Così sarà dura partorire gol.
Ci stanno mettendo in croce. Celtica.
Balza-retti: saltare sul culo degli altri e restarci aggrappati per un po’.
Stava per arrivare il regalo Di Natale. E con grande anticipo.
Cassano inzuppa in porta! Al biscotto ci pensano gli altri..
Rimessa di Duff. Gli irlandesi sono gli unici al mondo a bere una birra e a vomitarne un’altra.
Inizia il secondo tempo. Intanto chiamatemi Dan Brown. Mi serve qualcuno che mi decodifichi il Codice UEFA per capire chi cazzo passerà il turno.
Non è che giocando alla tedesca in area fioriscano gol, eh…
Stiramento per Chiellini. Aveva la divisa sgualcita.
Fallo laterale. Nel senso che adesso gli irlandesi hanno il cazzo storto.
Fuori Cassano, dentro una (non) punta. Di Diamanti.
Ho visto una striscia di maionese su una pagnotta bruciacchiata a forma di cranio. Balotelli è pronto a entrare.
Pirlo oggi ha il piede freddo. Gelato. Fanculo Motta.
Fuori Duff. Troppa schiuma.
Fuori Di Natale. Senza fretta. Il 25 dicembre è ancora distante.
Trap, ricordati da dove vieni. E metti dentro le riserve.
L’Italia ha l’ansia da prestazione e fa cilecca. Non riesce a metterlo dentro.
Spagna in vantaggio. Ho sentito un Oro Saiwa sbriciolarsi.
Balotelli, rete spettacolare!! Il fatto è che il portiere è scivolato su una macchia di Calvé.
È fatta. Abbiamo passato il turno. Adesso il grande dilemma: stappare una Guinness o festeggiare con latte e “biscotto”?!
 

E se non ne potete più domenica sera tifate Inghilterra. Intanto qui si continua.

Non aprite quella (s)porta (2)

29 Apr

Settantaquattro scarsi. Cribbio –  direbbe il Mister – sono l’unico dio al mondo ad essere uscito indenne dalle orgie culinarie di Pasqua! Addirittura un chilo in meno!

Poi mi sono sistemato meglio sulla bilancia. I piedi erano già interamente sulla sua superficie, ma ho sentito comunque il bisogno di metterli più al centro. Così, per un fatto di equilibrio fisico. Però a rimetterci è stato il mio equilibrio psichico. La lancetta si è spostata un po’ più verso destra. Settantacinque pieni, proprio come prima che Gesù rinascesse. Mi sa che non ho fatto abbastanza bunga bunga.