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Ghost’s writer

7 Dic

Sant’Ambrogio. Il patrono degli stacanovisti. Mentre Milano sonnecchiava tra i neon natalizi e sotto la prima nevicata di un inverno già piuttosto gelido, io me ne sono stato in redazione. Un privilegiato. Come sempre. Fortunato. Fortunatissimo. Qua si festeggia il patrono. E io lavoro. E niente neon. E niente neve. E niente gelo. E niente uncazzodiniente. Cosa voglio di più? Una flebo va benissimo, grazie.

Stamattina per andare a lavoro ho attraversato qualche viale. Per fortuna tra la stanza che ho preso in affitto e la redazione sono soltanto venti minuti di strada. Ho preso il tram, come mi capita spesso ultimamente. Senza pagare il biglietto, ovvio. Eh oh, so’ pprecario, io. Ma appena vedo salire uno che assomiglia anche solo vagamente all’ombra del trisnonno del ricordo dell’ologramma di un controllore scendo. E il resto del tragitto me lo faccio a piedi. Stamattina ho visto venir dentro uno col giubbotto blu (per me i controllori sono tutti così), e mi son detto non si sa mai. Così sono sceso. In giro non c’era nessuno. Solo io e un pallido sole. Neppure gli alberi sono riusciti a farmi compagnia, potati per le feste proprio nell’ultima settimana. O forse era la scorsa, ormai ho perso il conto. Milano città fantasma, sì. Proprio come quei fantasmi che ho provato a intervistare nell’ultimo periodo. Contatti impossibili, cinguettii improbabili da ricercare su Twitter. Eh sì, io sono quello delle interviste agli spettri. Signor Casper, lei ha qualcosa da dichiarare?!

casperFUCK

Amen.

No freelance, no party

2 Ago

Sono in redazione da due settimane e mezzo, e già mi son visto passare davanti ben tre compleanni. Non miei ovviamente, altrimenti la storia delle due settimane e mezzo non starebbe in piedi. Prima la direttrice, ieri Insu Lina, oggi uno dei grafici. Domani chissà, forse la cingalese che viene a fare le pulizie mentre io ancora scrivo. Ma non è colpa sua. Sono io che sono un tira-tardi, e per questo ultimamente mi trova quasi sempre lì. Prima lo ero per fancazzismo. Adesso lo sono per tutt’altri motivi. Sono finito fuori tempo (dicono), ma questa è un’altra storia.

M’avevano detto che lavorare sarebbe stato tutt’altro che una festa. Balle. Qua è tutto un torta e spumante. C’è stata persino la cocomerata di metà pomeriggio, e l’ipotesi grigliata prima dello stop ferragostano è stata tutt’altro che scartata. Sembra la cazzata che ho scritto sarcasticamente qualche tempo fa, piena zeppa di calore e di prelibatezze, e invece è tutto vero. Così com’è vero che lavorare, in realtà, è una gran bella festa.

Balle. Di nuovo. Stasera la grafica simpatica (prima o poi troverò un soprannome per tutti, datemi tempo) mi ha guardato e mi ha detto: Kronny, non hai più la faccina di quando sei arrivato! …E chi sono? Un’emoticon trasformista?! Mi sono sentito come logorato dall’impegno, solcato dalla fatica, spento dallo stress e dalle troppe ore trascorse di fronte allo schermo di un Mac. Ok, non esageriamo. Ma l’ipotesi festa, compleanni a parte, è del tutto archiviata.

Prima di cena ho ripensato al me di neanche venti giorni fa. La mia settimana era bella intensa. Al mare dal lunedì al giovedì. E il venerdì pure, ma con l’iPhone sempre in mano in attesa dei pezzi che mi avrebbero guastato il weekend, lavoretti che comunque uno straccio di pagnotta me l’avrebbero fatta portare a casa. Adesso la pagnotta me la guadagno giorno per giorno, lontano dalle onde e dalla salsedine (ma non dalle zanzare, quelle della Metropoli a Gas sono T-Rex drogati di Red Bull). Me la conquisto concedendo al lavoro quasi l’esclusiva del mio tempo. Ché la sera torno stanco, bisognoso di cucinare, di lavare i piatti come un vero uomo. E la mezzanotte arriva rapida come un Fecciarossa su per il deretano.

Non ho rimpianti. Sono qui per farmi le ossa, e dico la verità, ci sto pure bene. Solo che non sono abituato. Sono uno che s’impegna, sì, ma il lavoro con la elle maiuscola è un callo che ti fai con il tempo e con la fatica. Sono qui per farmi le ossa, sì, me lo ha ricordato ieri sera mia madre dall’altra parte della cornetta. Certo mamma. Ora che non sono più freelance, però, mi sto riempiendo così tanto di latte che mi spunteranno nuove ossa pure sopra i capelli.

Sì, mamma. Ci manca solo che divento cornuto.

EUROTeleKronaKus (6)

5 Lug

Molti di voi sperano in un’imminente gara 2. Chi per cercare di pareggiare i conti e cambiare l’inerzia della serie contro la Spagna. Chi, invece, perché spera che le mie agghiaccianti telecronache possano in qualche modo continuare. Invece no, questi non sono i playoff Nba. Non c’è nessuna serie in corso. Partita secca e tutti a casa. Gli Europei di calcio sono finiti. Io ho già arrotolato la bandiera e l’ho rimessa lì nell’angolino. A prendere la polvere, a covare speranze per futuri caroselli. Per adesso tutti a nanna.

Queste, intanto, le ultime boiate con cui ho imbrattato la mia bacheca Facebook (ah no, adesso si chiama diario..) durante la finale.

Al via le EUROTeleKronaKus, probabilmente in formato ridotto. Fatemi godere la finale, cribbio!
Sento i primi caroselli per le strade. Qualcuno ha rubato la DeLorean a Doc?!
Super Mario (Balotelli) in campo. Super Mario (Monti) in tribuna. La Nintendo nuovo sponsor ufficiale della nazionale italiana.
Buffon canta l’inno con tanta veemenza da sembrare quasi sulla tazza. Monti, invece, sputa fuori una parola ogni tanto. Prevista per domani l’approvazione in Parlamento di un decreto che istituisca un inno tecnico che gli eviti ulteriori sputtanamenti.
Scontro aereo tra Alonso e Abate. Si cerca la scatola nera.
Balotelli e Sergio Ramos continuano a toccarsi. Il metrosexual ha finalmente un nome.
“Uno-due” e già siamo in difficoltà. Eppure è semplice. Dopo viene il tre, lo sanno anche i bambini.
Tocco magico del Mago Silva. Spagna in vantaggio.
Alonso fa la ruota in area. Manca il copertone e cambiamo direttamente sport.
Non teniamo una palla. Zero testiculi.
Porka Waka! Giallo per Piqué.
Cassano invece di tirare fa una specie di retropassaggio per Casillas. Crede di giocare ancora in Spagna.
Jordi Alba per la Spagna. Precoce tramonto per l’Italia.
Finisce il primo tempo. Azzurri annichiliti. Monti li ha spaventati annunciando dalla tribuna l’introduzione di una “soccer-tax”.
Nell’intervallo Prandelli a colloquio con Monti. Gli ha suggerito di introdurre un’euro-patrimoniale contro chi vincerà stasera.
Cassano fuori per infortunio. È scivolato nello spogliatoio. Su una saponetta piazzata da Cecchi Paone. Chissà se per vendetta o se per diletto.
Alba è velocissimo. Altroché Furia Rossa. Frecciarossa.
Fuori Montolivo. Deve andare ad aggiustare il taglio. (vediamo questa chi la capisce..)
Dopo la doppietta contro la Germania Balotelli è diventato testimonial della Nike. Dopo stasera sarà l’uomo immagine delle Lelly Kelly.
Motta sotto i riflettori e subito si squaglia. Italia gelata in dieci.
Altroché 11, loro sembrano 22. La pecora Dolly doveva essere spagnola.
Stasera Balotelli gioca da solo. È pronto per il Roland Garros.
Gli arbitri vedono quello che vogliono. Jordi Alba lo chiamano Jessica.
Distribuisco biscotti agli ospiti per addolcire la pillola. Non funzionano. Proverò con il tronchetto Di Natale.
Ecco perché preferisco il basket al calcio. Con un tiro da tre risolveremmo la partita.
Balzaretti zoppica. Tra un po’ sarà un Buffon contro tutti.
La Spagna per il 3 a 0. Siamo ufficialmente caduti dalla Torres.
Preferisco il basket, sì. Però il tiro da quattro non esiste.
Scornata azzurra. E onore ai matador.
Fi-fii-fiiiii. Adios, amigos.
Mi accorgo ora che il quarto gol l’ha segnato Juan Mata. Un nome un destino.
Cantiamo tutti in coro. Pooo-po-poo-porcameeeerdaaaaaa!!…
Ero così pronto a festeggiare che mi vestirei di giallorosso e prenderei un charter per Madrid.
Applausi tecnici di Mario Monti. Mai visto un gufo con gli occhiali.
Buffon disperato. Aveva puntato la Seredova alla Snai sul trionfo dei suoi.
Beati i ragazzi dei caroselli delle 20 30. Altroché DeLorean. Quelli avevano già capito che stasera non si sarebbe andati oltre la festa preventiva.
E adesso tutti pronti per le Olimpiadi. Vi delizierò con delle OLIMPITeleKronaKus da leccarsi i baffi. Tutti gli sport, ventiquattr’ore su ventiquattro. Non dormirò, non mangerò. Mi infilzerò una flebo e chi si è visto si è visto.
Non è vero. Mi sa che in quel periodo avrò ben altro da fare…

Strano il mio destino

2 Giu

Oggi è festa, e io lavoro. Mi guardo indietro, e vedo una lunga scia di feriali segnati da un fancazzismo forzoso. Il mio mondo va al contrario. Ma mi sento comunque un privilegiato, in questa repubblica di parate che sembrano autogol. In questa festa in barba (!!) alle scosse della terra e all’incapacità di scuotersi da parte di chi la abita.

Divoratore di acqua che vola

18 Gen

Sono tempi di magra, ma io non posso di certo lamentarmi. Ho il mio bel lavoretto, che non sarà come un colpaccio al Win for life, ma quantomeno rimpinza il mio ciccì per le spese correnti (che quelle, si sa, ferme non ci stanno mai).

Sono tempi di magra, dicevo, ma io non posso di certo lamentarmi. Eppure a guardarmi bene dovrei cominciare a tirare la cinghia pure io. Quella dei pantaloni, però. Di uno o due buchi. Durante le feste la festa me l’hanno fatta davvero, a suon di panettoni, pandori e torroni. Ho pure problemi a mordere, già alla mia tenera età. Non ho più i denti da latte, ma quelli da fondente già fanno le bizze. Però basta lamentarsi. Bisogna sempre essere incisivi, anche da devitalizzati. E io, per tagliare la testa al torero (detesto fortemente la corrida), ho deciso di mettermi a stecchetto strizzando l’occhio pure a canini e compagni. L’anno scorso ero dimagrito mangiando tutto al vapore. Quest’anno farò di meglio. Mangerò solo quello. Solo lui. Solo il vapore. E’ che sono già in ansia per la prova costume. Kronny, ma ancora è presto!, direte voi. Stolti. Tra poco è Carnevale. Di questo passo le righe della calzamaglia da Spider-Man assomiglieranno a certe onde del sud-est asiatico.

Paparazzato per strada durante i preparativi. Corona del cazzo, dillo che ti manda Osborn per sputtanarmi!!

Oltre il danno, la beffa. A quanto pare non posso nemmeno vantarmi di essere originale..

E’ qui la festa?!

22 Mar

Riguardo me e le mie foto a pochi giorni dal misfatto. C’è chi si è lamentato della musica. Chi è andato e chi è venuto. Chi si è fatto vivo anche se ormai lo credevi morto e sepolto. Chi mi ha rivolto la parola e ha scherzato con me come durante i bei tempi andati. La sera della festa ho riscoperto il senso delle amicizie perdute. Perdute, sì, ma solo per finta. Gli amici si vedono nel momento del bisogno, e per fortuna il mio intestino è sempre bello e attivo.

Mi sono divertito, davvero. I giorni prima un po’ meno. Quando lo racconto tutti mi dicono che non sono questi i veri problemi. Suvvia, si tratta pur sempre di organizzare una festa. Sono d’accordo, ma non è una cosa semplice, nemmeno se si è in tre. Soprattutto quando si è reduci da uno stress come l’esame per diventare un giornalista professionista. Ho visto le farfalle, e le vedo ancora. Ma mi devo ancora riprendere, lo sento. Sarà che ai postumi di uno studio disperato si aggiunge già da ora la paura di un futuro che ha la forma di un’equazione indecifrabile, tante sono le incognite, tante sono le variabili. Tanto poche sono le soluzioni possibili. Cerco di risolverla di tonda in tonda, ma non tutto quadra, e alla fine tutto finisce in graffa. Vedo di fronte a me una complessità indicibile. In questi casi la cosa migliore è affrontare i problemi con soluzioni semplici. E non c’è niente di più semplice che cazzeggiare davanti a uno schermo fino alle 4 della notte e oltre, senza leggere una riga di nulla se non le scritte sulla busta del pane e quelle di questo stesso blog. E poi alzarsi a mezzogiorno dall’amico letto. Ma attenzione, è un’offerta limitata. I genitori vogliono essere soddisfatti, oppure rimborsati. E io, sì, mi attiverò davvero. Ma ora come ora sento che lo farò in comode rate mensili.

Nid for spid

28 Dic

Ai venti all’ora. E allora m’incazzo. Che è quasi l’ora di pranzo, e allora i venti all’ora non stanno né in cielo né in terra. Né ora né mai. Tantomeno a Natale. Dopo una notte di fuoco a casa della mia lei. Non è come pensate: lei si ostina a non spegnere mai i termosifoni, e la sua coperta è così calda che in camera sua la protezione civile ha dichiarato l’allarme afa. A rischio i bambini e gli anziani. Soprattutto gli anziani. Soprattutto se mi vanno per strada ai venti all’ora. Soprattutto se mi trasformano gli agilissimi venticinque minuti d’auto che separano casa sua dalla mia in un’interminabile processione para-natalizia. Che era Natale, sì, ma non è questione di religione: la mattina del compleanno di Gesù, mezzo mondo si sposta per raggiungere il parentame per ingozzarsi e dire cazzate. Ma nessuno sembra avere fretta. Nessuno a parte me. Sulla nazionale sembravano tutte Delorean: salivi in macchina, percorrevi una manciata di metri, e per chissà quale sortilegio invece di andare avanti ti sembrava di essere tornato indietro. Nello spazio e nel tempo. Un viaggio a passo di gambero. Una parata di stomaci vuoti in crociera pronti a riempirsi di ogni cosa, animale o città. Un un due tre stella in cui ti volti, credi di aver fatto progressi e invece sei sempre e ancora lì.

Sorpassare è inevitabile. Perché io ho fretta, devo correre. Devo. Anche se poi ci penso bene e mi chiedo: Ma perché? Ero in anticipo. Ero praticamente pronto. Mi serviva giusto il tempo di svuotare la memoria della fotocamera nei miei hard disk che sono sempre così pieni da fare quasi il ruttino. Qualche minuto e sarei stato pronto per fare il fotoreporter sotto il vischio, per immortalare la tavola e i suoi commensali all’ingrasso. Compreso me.
Di correre proprio non c’era motivo. Eppure correvo. Vivo di fretta per raggiungere mete inarrivabili. Poco tempo fa ho dichiarato una guerra senza quartiere alla mia ignoranza, in vista di un esame che, tacitamente, pretende un patentino da tuttologo. Uno che le cose le sa a tutto tondo. Ma io dopo Natale di tutto tondo ho soltanto il mio stomaco. E alla prova del nove che si svolgerà tra tre settimane potrei fare come i miei hard disk: dopo essermi riempito fino al collo di informazioni buone soltanto per l’emicrania, me la caverò con un rutto plateale. Che con tutte queste feste, poi, ho un vuoto d’aria nella gola più grande di me.