Tag Archives: pallacanestro

I miei più sinceri auguri

8 Nov

Tu. Sì, tu, bastardo. Tu che mi mandi gli highlights dei programmi in pidièffe. In formato immagine. Tu. Sì, tu, bastardo luridissimo che mi allunghi il lavoro impedendomi di fare copia-incolla dei contenuti dei programmi per poi poterci scrivere il mio articolo. Tu che mi costringi a trascrivere su OpenOffice il tuo testo. Un testo, tra l’altro, in italiano stentato. Tu, sì, proprio tu. Senti qua. Ho qualcosa da dirti.

Spero che tu venga mangiato da Joe Bastianich durante un suo show mentre lo stai diludendo.

Spero che un giorno Salvo Sottile possa speculare sul dolore dei tuoi cari dopo che ti avranno assassinato in circostanze misteriose. Bruno Vespa è già lì che ronza col suo cazzo di plastico.

Spero che tu venga nominato. Ma non in un reality. Sul Death Note.

Spero tu faccia la stessa fine di Kenny in ogni puntata di South Park, ma senza la possibilità di tornare la volta dopo.

Spero che Hulk ti scambi per il tappetino del Twister.

Spero che Dracula si avventi sul tuo collo subito dopo aver fatto la denticure dall’arrotino.

Spero che Shaquille O’Neal ti scambi per il ferro del canestro. E che subito prima abbia scoperto la moglie a letto con Kobe Bryant. Poverino. Poi dovrà pur sfogarsi contro qualcosa.

Spero che quella felpa col cappuccio rosso che ti ho appena ordinato su Amazon ti stia a pennello. Io ti aspetto nella casetta in fondo al bosco per il tè delle 5. Intanto faccio uno squillo al lupo. Metti che s’offende se non lo invito…

Spero che Morpheus ti faccia scegliere tra pillola rossa e pillola blu. E che tu scelga la blu per necessità.

Spero che il Joker ti trovi particolarmente serio. E che prenda provvedimenti. A modo suo.

Spero che Barbara Berlusconi ti scambi per Galliani, e che ti faccia il culo a strisce rossonere.

Ma soprattutto spero che Adam Kadmon faccia per la prima volta qualcosa di buono. Svelando il mistero della tua assurda, dilagante e stronzissima idiozia.

adam_kadmon_2

EUROTeleKronaKus (6)

5 Lug

Molti di voi sperano in un’imminente gara 2. Chi per cercare di pareggiare i conti e cambiare l’inerzia della serie contro la Spagna. Chi, invece, perché spera che le mie agghiaccianti telecronache possano in qualche modo continuare. Invece no, questi non sono i playoff Nba. Non c’è nessuna serie in corso. Partita secca e tutti a casa. Gli Europei di calcio sono finiti. Io ho già arrotolato la bandiera e l’ho rimessa lì nell’angolino. A prendere la polvere, a covare speranze per futuri caroselli. Per adesso tutti a nanna.

Queste, intanto, le ultime boiate con cui ho imbrattato la mia bacheca Facebook (ah no, adesso si chiama diario..) durante la finale.

Al via le EUROTeleKronaKus, probabilmente in formato ridotto. Fatemi godere la finale, cribbio!
Sento i primi caroselli per le strade. Qualcuno ha rubato la DeLorean a Doc?!
Super Mario (Balotelli) in campo. Super Mario (Monti) in tribuna. La Nintendo nuovo sponsor ufficiale della nazionale italiana.
Buffon canta l’inno con tanta veemenza da sembrare quasi sulla tazza. Monti, invece, sputa fuori una parola ogni tanto. Prevista per domani l’approvazione in Parlamento di un decreto che istituisca un inno tecnico che gli eviti ulteriori sputtanamenti.
Scontro aereo tra Alonso e Abate. Si cerca la scatola nera.
Balotelli e Sergio Ramos continuano a toccarsi. Il metrosexual ha finalmente un nome.
“Uno-due” e già siamo in difficoltà. Eppure è semplice. Dopo viene il tre, lo sanno anche i bambini.
Tocco magico del Mago Silva. Spagna in vantaggio.
Alonso fa la ruota in area. Manca il copertone e cambiamo direttamente sport.
Non teniamo una palla. Zero testiculi.
Porka Waka! Giallo per Piqué.
Cassano invece di tirare fa una specie di retropassaggio per Casillas. Crede di giocare ancora in Spagna.
Jordi Alba per la Spagna. Precoce tramonto per l’Italia.
Finisce il primo tempo. Azzurri annichiliti. Monti li ha spaventati annunciando dalla tribuna l’introduzione di una “soccer-tax”.
Nell’intervallo Prandelli a colloquio con Monti. Gli ha suggerito di introdurre un’euro-patrimoniale contro chi vincerà stasera.
Cassano fuori per infortunio. È scivolato nello spogliatoio. Su una saponetta piazzata da Cecchi Paone. Chissà se per vendetta o se per diletto.
Alba è velocissimo. Altroché Furia Rossa. Frecciarossa.
Fuori Montolivo. Deve andare ad aggiustare il taglio. (vediamo questa chi la capisce..)
Dopo la doppietta contro la Germania Balotelli è diventato testimonial della Nike. Dopo stasera sarà l’uomo immagine delle Lelly Kelly.
Motta sotto i riflettori e subito si squaglia. Italia gelata in dieci.
Altroché 11, loro sembrano 22. La pecora Dolly doveva essere spagnola.
Stasera Balotelli gioca da solo. È pronto per il Roland Garros.
Gli arbitri vedono quello che vogliono. Jordi Alba lo chiamano Jessica.
Distribuisco biscotti agli ospiti per addolcire la pillola. Non funzionano. Proverò con il tronchetto Di Natale.
Ecco perché preferisco il basket al calcio. Con un tiro da tre risolveremmo la partita.
Balzaretti zoppica. Tra un po’ sarà un Buffon contro tutti.
La Spagna per il 3 a 0. Siamo ufficialmente caduti dalla Torres.
Preferisco il basket, sì. Però il tiro da quattro non esiste.
Scornata azzurra. E onore ai matador.
Fi-fii-fiiiii. Adios, amigos.
Mi accorgo ora che il quarto gol l’ha segnato Juan Mata. Un nome un destino.
Cantiamo tutti in coro. Pooo-po-poo-porcameeeerdaaaaaa!!…
Ero così pronto a festeggiare che mi vestirei di giallorosso e prenderei un charter per Madrid.
Applausi tecnici di Mario Monti. Mai visto un gufo con gli occhiali.
Buffon disperato. Aveva puntato la Seredova alla Snai sul trionfo dei suoi.
Beati i ragazzi dei caroselli delle 20 30. Altroché DeLorean. Quelli avevano già capito che stasera non si sarebbe andati oltre la festa preventiva.
E adesso tutti pronti per le Olimpiadi. Vi delizierò con delle OLIMPITeleKronaKus da leccarsi i baffi. Tutti gli sport, ventiquattr’ore su ventiquattro. Non dormirò, non mangerò. Mi infilzerò una flebo e chi si è visto si è visto.
Non è vero. Mi sa che in quel periodo avrò ben altro da fare…

Meno male che è giovedì

24 Mag

Non sfuggirò mai agli spoiler sui risultati Nba. Mi ritroverò sempre qualcosa o qualcuno che mi dirà cos’è successo nella notte. Ovviamente prima che io finisca di guardarmi la registrazione della partita. Ne sono sicuro. Non la scamperei nemmeno su un’isola deserta. Mi ritroverei Venerdì che con la connessione satellitare s’è guardato la diretta con Sky Go dal suo iPad di legno. Mi direbbe di certo com’è finita, lo stronzo. E fanculo anche a Venerdì. Anche se non ha la barba.

La dura legge dell’autogol (2)

17 Mag

Tempo di Nba. Di nuovo i playoff. Di nuovo ore spese di fronte alla tv mentre invece dovrei leggere più giornali. Così magari la smetto di scambiare i terroristi con i bambini sacri. Il mio decoder però fa le bizze, e ha deciso di non registrare le partite secondo le mie programmazioni. Forse è proprio vero che il Cielo ce l’ha con me. Oppure è un messaggio che mi arriva dall’alto. Leggiti un cazzo di quotidiano e smettila di fare gaffe da idiota – mi dicono da lassù – o finirai per perdere l’unico lavoro decente che hai. Forse è davvero tutto collegato, Cristo! Sì, proprio lui. Il bimbo sacro.

Ma io non demordo. Voglio vedere i playoff, e anche se sono un nottambulo non ho nessuna voglia di guardarli in diretta a tarda ora, che tanto lo so che poi finisco per sonnecchiare davanti al televisore. Li voglio guardare di giorno, in santa pace. Quando sono lucido e sveglio davvero. E quando a casa non c’è nessuno che avendo già letto il risultato post-diretta su Repubblica.it possa farmi facce strane che mi fanno capire com’è andata a finire. Non voglio che si ripeta il casino dell’anno scorso. Né questo. Né quest’altro. Né quest’altro ancora.

Fatto sta che ho pensato che il problema fosse la memoria del decoder intasata. Così mi son messo a fare pulizia. C’erano programmi registrati che stavano lì a fare la muffa da prima della scorsa estate. Roba vecchia di circa un anno. C’è persino la prima puntata di quella porcheria di Tabloid, ma solo perché avevo sentito dire che avevano fatto un servizio sulla sagra medievale che si ripete ogni anno nella mia Baia delle Zanzare. Balle. Centonovanta minuti mandati a velocità trentuplicata per vedere inquadrato anche solo un angolo del mio bel lungomare. Ma niente da fare.

Bene. Via nel cesso, dov’è giusto che stia. Un bel tredici per cento di memoria riconquistato. Ottimo. Andiamo avanti. Toh, va. Uno Speciale Tg3, anche lui vecchio di un anno. Vediamo un po’ di cosa parlavBenvenuti a Speciale Tg3. Come già saprete questa notte è stato ucciso il noto terrorista Obama.. emh.. Osama Bin Laden..

ODDIOOOO!! MI PERSEGUITAAAAA!!!, penso tra me, me stesso e me quell’altro (siamo in tanti qua dentro). Ma non è tutto perchIl capo spirituale di Al Qaeda non si trovava in una grotta, come si è sempre pensato, bensì in un complain. In collegamento abbiamo Giovanna Botteri che..

Basta. Vado a leggere Repubblica.

Molla l’osso, Mister Paradosso!

8 Ott

Io lo so che un gratta e vinci vincente (che se così non fosse dovrebbe chiamarsi “gratta e perdi”) può cambiarti la giornata, e allora senti il bisogno di dirlo subito a qualcuno, di raccontare il tuo successo temporaneo. Anche solo per venti euro. Sì, una sfoglia da venti e ti senti già di tutta un’altra pasta. Che come dice Quelo c’è grossa crisi, e allora prendiamo tutto quel che c’è da prendere. Vuoi mettere, poi, il gusto della sfida contro lo sorte, contro una dea bendata a cui a volte ti verrebbe da gridare: Ma perché cazzo non te la togli quella cosa dagli occhi? Non sei mica la figlia di Capitan Uncino!

E poi lo so che ci sono quei piccoli grandi casi che ti fanno sentire vivo, quelle notizie che fino all’ultimo non sai mai se sono rumori di corridoio o spifferi provenienti da finestre che è meglio spalancare tanto è grossa la cazzata. E’ che l’idea che Kobe Bryant possa venire a giocare in Italia stuzzica la curiosità di molti. E’ come se Madonna venisse a fare un concerto a San Siro con quei Teletubbies mancati dei Cugini di campagna. Il basket italico è in fermento per via di questa (a mio avviso lontana) possibilità, e mio padre pure, anche se nega e non capisco bene il perché. Tant’è che mi racconta ogni cosa, ogni pettegolezzo che passa per i suoi quotidiani diventa di mio dominio. E me li riferisce tutti con entusiasmo, come un Signorini che intervista Piersilvio, tanto per rimanere in famiglia. Ecco, ormai Kobe Bryant è diventato per me una sorta di fratello. So che è stato qui da noi (in Italia, non a casa nostra), che ha rilasciato interviste anche al giornalino della parrocchia, che ha rievocato la sua infanzia con aneddoti dolci (anche per forza) come quello del gelato mangiato a Reggio Emilia tanti anni fa. Ecco, io so tutto. Ed è tutto merito di mio padre.

Mister Paradosso è il mio informatore personale. Sono un aspirante cronista, mastico news ma sono spesso di seconda mano. La prima è quella di mio padre. Sì, proprio lui, Mister Paradosso. L’uomo che non è mai contento, ma d’altronde dev’essere una sorta di vizietto paterno (oltre il lotto, il superenalotto e il calcioscommesse). L’uomo che dopo pranzo è tutto contento del tuo probabile contrattino con una rivista femminile (!!!), che tutto soddisfatto ti dice Allora ccc’hai mercato!, con la c trascinata a mo’ di rafforzativo, ma che a fine pomeriggio ha già qualcosa da ridire. Che poi io non vendo slip e calzettoni in piazza al sabato mattina, per me il mercato è niente più che un crocevia di bancarelle e di venditori di pesce falliti tanto hanno da strillare. Ma sì, la sua era sicuramente una manifestazione d’affetto, un essere fieri della propria progenie. Che poi sarei io. Gulp!

E allora, Mister babbo Paradosso, lasciami lavorare. Lo so che hai vinto venti euro, lo so che Kobe Bryant alla Virtus Bologna è il tormentone sportivo del momento. Ma per una volta che ho da fare, ti prego, molla l’osso. Mi entri in camera per parlare. Se trovi la porta chiusa a chiave t’improvissi Lupin e quasi me la scassini per dirmi del grattino vincente e del campione viaggiante. Io sorrido e ti faccio notare che sì, ultimamente hai proprio tanta voglia di parlare. E tu, proprio tu che durante l’estate sei arrivato a sfuriare per la mia indolenza da giornalista represso urlando come gli ambulanti di cui sopra, ora mi rispondi: No, sei te che sei sempre occupato!.

Mister Paradosso è proprio il classico papà, fiero ma mai contento. O magari sì, perché in fondo io lo guardo e capisco. Capisco che per lui i piccoli passi che sto muovendo negli ultimi tempi sono come i venti euro vinti al gratta e vinci. Possono cambiarti la giornata, e il successo temporaneo di tuo figlio resta sempre qualcosa da raccontare.

E fanculo anche a Morfeo

16 Giu

Prima una notte buia e tempestosa, in un dormiveglia perenne che mi ha impedito di avere un buon sonno. Poi i telegiornali, sempre in sogno, che mi hanno detto quel che non vorrei. Caro Morfeo, vaffanculo. Non ti è bastato farmi dormire in quella condizione di fuga continua, inseguito da gente che mi vuole raccontare il risultato della partita Nba della notte in corso. Era troppo poco, vero? Non ti è bastato, no no. Altrimenti la notte seguente non avrei sognato un’edizione di Studio Aperto (che è un incubo già di per sé) con un servizio sulla gara 5 delle finali il cui attacco era: Ai Miami Heat non sono bastati i 23 punti di Bosh per… Alla fine il buon Chris ne ha segnati soltanto 19, e con una prestazione ancora una volta sottotono. Però che avrebbe vinto Dallas era vero. Morfeo, vaffanculo ancora.

L’avrò detto mille volte: il mio senso del tempo è più sballato di una donna col ciclo. Ma alla fine sulle cose ci arrivo. Alla fine. Proprio alla fine. Proprio all’ultima partita della stagione. La gara 6, giocata nella notte tra domenica e lunedì, quella che ha portato definitivamente i Dallas Mavericks sul tetto del mondo, me la sono vista in diretta. Sì, in diretta. Hai capito, Morfeo? In diretta. Ecco perché questa volta non hai potuto farmi sognare telegiornali aberranti che mi raccontano il risultato, o gente che m’insegue per dirmi come finisce la partita. Ed ecco perché mio padre non ha potuto farmi facce eloquenti, Facebook anticiparmi punteggi e segreti di Fatima, ex-allenatori fare commenti scomodi a pochi metri dalle mie orecchie, Sky mandare in onda spot fuorvianti e i giornalisti in studio non hanno avuto il tempo di sviolinare statistiche sospette.

Mi sono gustato in diretta, in piena notte, una delle partite più belle di sempre. Forse non la più combattuta, ma di certo emozionante per andamento e risultato. Ha vinto Dallas, dicevo. E questa volta ho vinto pure io. Fanculo agli spoiler. E fanculo anche a Morfeo.

Il bello, il brutto, il cattivo

9 Giu

Il destino scherza con me, ma non è detta che io abbia voglia di scherzare con lui. Anzi, no, non ne ho proprio voglia. Qua si direbbe che pretendere di guardarsi le finali Nba in santa pace sia come aspettarsi che domenica prossima Berlusconi contribuisca a raggiungere il quorum. Impossibile, appunto.

Non mi sono ancora deciso a guardarmele in diretta, e ne sto pagando il prezzo. Continuo a registrare le partite di notte per guardarmele di giorno, perché so che a mio padre fa piacere guardarle insieme a me dopo il lavoro. Ma così continuo a conoscere il risultato prima di arrivare alla fine. Anzi, proprio prima dell’inizio. Con mio padre che nel frattempo si frega leggendo Repubblica.it dall’ufficio, e incampando (neologismo nato dalla fusione tra incappando e inciampando) sul resoconto del match rovinandosi la sorpresa. Così finisco per guardare le partite da solo. Solo e rassegnato a non gustarmele davvero perché in qualche modo qualcuno mi ha spifferato chi ha vinto.

Due mattine fa girovagavo per Facebook. Ho trovato una foto strana e l’ho aperta. Sono finito sulla bacheca di una ragazza che studia scienze motorie, e che aveva da poco pubblicato un link sulla partita della notte prima. Sì, quella che dovevo ancora guardare. Finali Nba, Miami… E lì mi son fermato. Ma da che mondo e mondo il titolo di un articolo nomina per primo chi vince. Salvo elaborazioni particolari. Salvo partite della nazionale, che allora l’Italia la nomini anche se perde, perché la notizia è proprio quella.

Poi l’ho guardata, quella maledetta gara 3, ma con meno interesse. Miami ha vinto davvero, e anche questa volta quasi allo scadere dei tempi regolamentari. E sì, se so come finisce perdo metà del gusto. Credo sia normale. Come credo sia normale non poterne più di questa sfiga. Dopo il bello della diretta e, ancora prima, il brutto della differita, ora spunta pure il cattivo. Il bello, il brutto, il cattivo. Che poi sarei io. Il cattivo, dico. Provare per credere.

Stamattina mi sono guardato gara 4. Questa volta mi sono piazzato davanti al televisore senza anticipazioni sul risultato. Driiin. Il telefono. Ha risposto mia madre. Era mio padre. Cioè, mia madre era mia madre, e mio padre era mio padre. Insomma il mio genitore donna ha risposto alla chiamata del mio genitore uomo. E lei: Ha chiesto babbo se vuoi sapere com’è finita. Se nel pomeriggio son caduti fulmini e saette un motivo dovrà pur esserci.

Poi in palestra. Ormai mi sono deciso a farmi i muscoli come LeBron James, che magari le prossime finali me le gioco io direttamente. Mica per la gloria, mica per i soldi, nemmeno per passione. E’ che almeno così nessuno potrà dirmi come finisce la partita prima del fischio finale. Perché sul campo ci sarò io.

Stavo facendo ancora riscaldamento quando mi si è avvicinato un compagno delle superiori. Due chiacchiere al volo, del più e del meno, ma anche del per e del diviso. Appena finito di dare i numeri gli ho raccontato che prima di arrivare mi sono guardato gara 4. Lui mi ha subito bloccato. Non mi dire come finisce, me la sono registrata e la devo ancora vedere. Mi è venuta la faccia da signor Burns. Viscida, diabolica. E per la frustrazione c’è mancato poco che non gli raccontassi com’era finita.

Il brutto della differita

30 Mag

Ero una schiappa, ma in fondo mi è rimasto sempre nel cuore. Sono passati ormai undici anni da quando ho smesso di giocare a basket. Ho tanti ricordi legati a quel periodo. Gli allenamenti, l’integrazione con i compagni che non è mai riuscita davvero, le partite giocate dagli altri. Io ero l’ultimo dei panchinari. Se non l’ultimo, il penultimo. Ero precario pure lì. Anzi, ero poco più che uno stagista. Direi che in linea di massima non è cambiato granché. Beata coerenza.

La mia passione si rinnova ogni anno. E’ una piccola grande magia che si ripete proprio in questo periodo. I playoff Nba mi hanno sempre appassionato. Ringrazio di avere Sky e il suo decoder che mi registra le dirette notturne. Me li sto gustando. O meglio, vorrei gustarmeli, ma questo è un lusso che ultimamente non mi viene concesso come vorrei.

A ridosso delle finali capisco che c’è qualcosa che non va nel mio modo di seguire le partite. Le registro di notte, o al massimo il giorno dopo quando va in onda la replica, ma finisco sempre per guardarmele la notte dopo. E vuoi o non vuoi mi sono fottuto il risultato delle ultime tre. Odio gli spoiler, le anticipazioni. Se qualcuno mi racconta come finisce un film prima che io lo guardi, beh, il testamento non l’hanno mica inventato per caso. E’ per questo che adoro Caparezza, sì, ma con questa canzone mi ha costretto anche a odiarlo un po’. Mi sono fottuto il risultato delle ultime tre, dicevo. Ora scusate, vado a suonare il benjo costruito con i miei nervi tirati.

Miami Heat – Chicago Bulls, gara 4. La mattina dopo la partita, un “amico” su Facebook che sa della mia passione mi ha detto: ..101 a 93.. Ho dovuto stopparlo al volo. Noooooo, non mi dire per chi, non mi dire chi ha vintoooo! Il tipo si è scusato, e io lì per lì mi sono convinto di aver salvato il salvabile. Ma ho guardato la registrazione soltanto la notte dopo, e ho avuto diverse ore per rimuginarci sopra, per capire che ormai il danno era stato fatto. Innanzitutto perché in una partita punto a punto come quella bastava vedere chi per prima raggiungesse i 95 per capire che poi avrebbe anche portato a casa la vittoria. E poi il simpatico dispensatore di risultati non richiesti l’ha sicuramente letto in qualche sito d’informazione italiano, dove mettono prima il punteggio della squadra di casa e poi quello degli ospiti, al contrario di come fanno in America. Sapevo che giocavano a Miami. Ora sapevo che avrebbe pure vinto.

Dallas Mavericks – Oklahoma City Thunder, gara 5. Sfida decisiva. Vincendo, i texani si sarebbero aggiudicati la finale. Non l’ho guardata la notte dopo, ma addirittura la mattina dopo ancora. Tre minuti alla fine, i Thunder in vantaggio di 15 punti. Sembrava fatta. Mio padre è tornato dal lavoro, lui che come al solito la mattina sbircia il risultato sul sito di Repubblica. Mi ha detto: Ancora questa, guardi?! E lì ho capito che quel vantaggio sarebbe durato poco. Detto fatto. Gran rimonta di Nowitzki e compagni, Dallas prima finalista. Mio padre sapeva tutto, e anche se gli ripeto sempre di non fiatare che poi tanto intuisco, lui mi ha fatto capire che stavo guardando una serie di playoff ormai archiviata. Mi hanno fatto troppo sveglio, che ci devo fare?!

Chicago Bulls – Miami Heat, gara 5. Altro match fondamentale. In caso di vittoria, Miami avrebbe raggiunto Dallas e se la sarebbe giocata per il titolo. L’ho guardata la notte dopo, ma giusto un’oretta prima sono riuscito a rovinarmi la sorpresa. Ero in un locale piuttosto “in” della mia bella Baia delle Zanzare. In un tavolo non molto lontano da me c’era il mio ex-allenatore di basket, quello che ha fatto di me uno scaldapanca professionista. Mi ha visto, mi ha salutato. E fin qui tutto bene. A distanza di anni la confidenza è poca, anzi, forse non c’è proprio mai stata, e questo di certo non mi ha aiutato nel tentativo di aumentare il mio minutaggio di gioco. Ma quantomeno questo mi ha permesso di evitare di ritrovarmelo faccia a faccia per fare due chiacchiere sui playoff d’oltreoceano. Speranza vana. Perché si è avvicinato a lui il figlio del titolare del locale, che un tempo ci ha fatto pure da sponsor, ex-giocatore pure lui, di pochi anni più grande di me. Hanno cominciato a parlare. Ma come si fa a perdere dopo… Ho capito l’andazzo, mi sono tappato le orecchie e a fare bababà con la bocca in modo da non sentire. Mi sono fermato un attimo, ma non avrei dovuto farlo. Ho sentito l’allenatore ribattere con un Quello è giovane, lo vedremo per tanti anni… Merda, mi ero rovinato pure questa. Ho intuito che dopo una partita dominata quasi fino all’ultimo, una delle due squadre si sarebbe fatta rimontare. Facile capire chi. La stella di Chicago è Derrick Rose, scheggia sul campo e grande promessa della pallacanestro per tutta la prossima decade e oltre dati i suoi ventidue anni e mezzo. E così è andata. I Bulls hanno perso grazie ai tiri da tre di Dwyane Wade e LeBron James segnati quasi al fotofinish, e proprio Rose ha sbagliato il tiro che avrebbe potuto metterci una pezza. E ho capito anche che mio padre sapeva pure questo. Quando mi ha detto quel Ancora questo guardi?, lui sapeva che entrambe le due finaliste erano già state decise.

Come detto, c’è qualcosa che non va. Le informazioni girano, soprattutto in questa epoca. E io questo dovrei saperlo bene. Ho contatti su Facebook che mi fanno i blitz in chat rovinandomi i finali di partite che devo ancora vedere, mio padre che parla e straparla senza capire che mi fa intuire le cose. Ora pure gli ex-allenatori che chiacchierano con gli ex-giocatori anticipandomi il risultato un’ora prima di mettermi comodo davanti al televisore. Devo cambiare strategia. Per comodità avevo rinunciato al bello della diretta, ma il brutto della differita è che spesso non riesci a goderti lo spettacolo fino in fondo. E che spettacolo! Tutte partite tirate con rimonta in chiusura. Che peccato rovinarsi il colpo di scena.

Tra due notti cominciano le finali. Ho deciso di guardarle la mattina dopo, fresche di registrazione. Facebook chiuso. Telefono staccato così mio padre non mi può chiamare nemmeno da lavoro. E un cecchino sul portone del mio ex-allenatore (chissà se abita ancora dietro casa mia??) che gli impedirà di muoversi di casa. I love this game, but i hate the fucking spoilers!!