Io lo so che un gratta e vinci vincente (che se così non fosse dovrebbe chiamarsi “gratta e perdi”) può cambiarti la giornata, e allora senti il bisogno di dirlo subito a qualcuno, di raccontare il tuo successo temporaneo. Anche solo per venti euro. Sì, una sfoglia da venti e ti senti già di tutta un’altra pasta. Che come dice Quelo c’è grossa crisi, e allora prendiamo tutto quel che c’è da prendere. Vuoi mettere, poi, il gusto della sfida contro lo sorte, contro una dea bendata a cui a volte ti verrebbe da gridare: Ma perché cazzo non te la togli quella cosa dagli occhi? Non sei mica la figlia di Capitan Uncino!
E poi lo so che ci sono quei piccoli grandi casi che ti fanno sentire vivo, quelle notizie che fino all’ultimo non sai mai se sono rumori di corridoio o spifferi provenienti da finestre che è meglio spalancare tanto è grossa la cazzata. E’ che l’idea che Kobe Bryant possa venire a giocare in Italia stuzzica la curiosità di molti. E’ come se Madonna venisse a fare un concerto a San Siro con quei Teletubbies mancati dei Cugini di campagna. Il basket italico è in fermento per via di questa (a mio avviso lontana) possibilità, e mio padre pure, anche se nega e non capisco bene il perché. Tant’è che mi racconta ogni cosa, ogni pettegolezzo che passa per i suoi quotidiani diventa di mio dominio. E me li riferisce tutti con entusiasmo, come un Signorini che intervista Piersilvio, tanto per rimanere in famiglia. Ecco, ormai Kobe Bryant è diventato per me una sorta di fratello. So che è stato qui da noi (in Italia, non a casa nostra), che ha rilasciato interviste anche al giornalino della parrocchia, che ha rievocato la sua infanzia con aneddoti dolci (anche per forza) come quello del gelato mangiato a Reggio Emilia tanti anni fa. Ecco, io so tutto. Ed è tutto merito di mio padre.
Mister Paradosso è il mio informatore personale. Sono un aspirante cronista, mastico news ma sono spesso di seconda mano. La prima è quella di mio padre. Sì, proprio lui, Mister Paradosso. L’uomo che non è mai contento, ma d’altronde dev’essere una sorta di vizietto paterno (oltre il lotto, il superenalotto e il calcioscommesse). L’uomo che dopo pranzo è tutto contento del tuo probabile contrattino con una rivista femminile (!!!), che tutto soddisfatto ti dice Allora ccc’hai mercato!, con la c trascinata a mo’ di rafforzativo, ma che a fine pomeriggio ha già qualcosa da ridire. Che poi io non vendo slip e calzettoni in piazza al sabato mattina, per me il mercato è niente più che un crocevia di bancarelle e di venditori di pesce falliti tanto hanno da strillare. Ma sì, la sua era sicuramente una manifestazione d’affetto, un essere fieri della propria progenie. Che poi sarei io. Gulp!
E allora, Mister babbo Paradosso, lasciami lavorare. Lo so che hai vinto venti euro, lo so che Kobe Bryant alla Virtus Bologna è il tormentone sportivo del momento. Ma per una volta che ho da fare, ti prego, molla l’osso. Mi entri in camera per parlare. Se trovi la porta chiusa a chiave t’improvissi Lupin e quasi me la scassini per dirmi del grattino vincente e del campione viaggiante. Io sorrido e ti faccio notare che sì, ultimamente hai proprio tanta voglia di parlare. E tu, proprio tu che durante l’estate sei arrivato a sfuriare per la mia indolenza da giornalista represso urlando come gli ambulanti di cui sopra, ora mi rispondi: No, sei te che sei sempre occupato!.
Mister Paradosso è proprio il classico papà, fiero ma mai contento. O magari sì, perché in fondo io lo guardo e capisco. Capisco che per lui i piccoli passi che sto muovendo negli ultimi tempi sono come i venti euro vinti al gratta e vinci. Possono cambiarti la giornata, e il successo temporaneo di tuo figlio resta sempre qualcosa da raccontare.
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Non avevano niente da fare..