Tag Archives: cartoon

Tivù-bì

16 Set

Fine dell’estate. Cambio di stagione. Inizio di una nuova. Quella televisiva, che si autocelebra con una party-conferenza all’americana.

Compiti divisi tra noi redattori. Ognuno intervisterà i grandi ospiti presenti sulla base delle sezioni che cura. Io mi occupo prevalentemente di documentari e programmi per bambini, e contrariamente a quanto ho scritto in questi giorni ho già pronte le mie domande.

Com’era il miele, stamattina, signor Grizzly?
Ma è vero che mamma orsa fa delle ottime crostate?
Koda può dirsi davvero un “fratello”?
E Baloo. Non trova abbia un nome ridicolo?
Yoghi, invece, ha davvero quella voce da scemo o è tutta colpa del doppiatore?
Grazie. Le saluto il ranger, eh.

E poi.

Cara Peppa Pig, lo sa che ha proprio un nome del cazzo?
Esimia Violetta, ma quando morirà si farà chiamare Crisantemo?
Care Tartatughe Ninja, ok che voi bestiacce col guscio campate pure duecento anni, ma non vi pare sia ora di appendere i nunchaku al chiodo?
E voi, gentili Power Rangers, ma per essere sempre così rossoggialleppiù-rosaneroebblù usate mica Omino Bianco Color? E credete che avreste avuto lo stesso successo se la tv fosse rimasta in bianco e nero?

Ma in fondo io scherzo. Cara tv, io ti voglio bene. Soprattutto da spenta.

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Saturday Bloody Saturday (2)

8 Giu

E’ un sabato di sangue versato su una tastiera troppo bianca per rispecchiare il mio umore. Che è nero come il colore che il cielo ha scelto per sé per la giornata di domani. A Milano pioverà, pare, mentre dalle mie parti si sguazza già al mare. Qua comincia a esserci la classica cappa, e io comincio ad avere le visioni. Sarà per il poco dormire, sarà proprio per questa prima calura, sarà per i nervi tesi e la pancia meno vuota del solito (sto cercando di mangiare meno). Ma sì, forse ho le visioni. Vedo tram che passano e mi ricordano che sto lavorando pure oggi. In questo sabato di sangue esco dalla redazione per comprarmi una focaccia, e mi ritrovo il lavoro che mi passa davanti per portare a spasso gente che di certo ha qualcosa di meglio da fare rispetto a me. Sui mezzi pubblici ci sono cartelloni pubblicitari che rimandano ai programmi televisivi di cui scrivo. La nuova serie delle Tartarughe Ninja, Violetta, Sofia la principessa. Io da piccolo li amavo i cartoni. Adesso mi stanno un po’ sul cazzo. Chissà com’è.

La sindrome di Cartoonia

6 Giu

LaCollegaCompassionevole è online

KronaKus: Ciao.

LaCollegaCompassionevole: Ehi, ciao!

KronaKus: Come va?

LaCollegaCompassionevole: Bene… Qui ci sono le elezioni amministrative. Per ora si lavora..

KronaKus: Uuuh, capisco.

LaCollegaCompassionevole: …

KronaKus: …

LaCollegaCompassionevole: …

KronaKus: Qui invece ci sono Hello Kitty e Scooby Doo.

LaCollegaCompassionevole: Ahahahahah!.. Che fai?

KronaKus: Non scherzo!

LaCollegaCompassionevole: Allora.. che fanno?!?

KronaKus: Litigano. Sai, tra cane e gatto…

LaCollegaCompassionevole: Ma daiiiiii! Veramente, che stai facendo?

KronaKus: Tu non mi credi. Sono serio. Ho chiuso da poco la sezione bambini del magazine.

LaCollegaCompassionevole: *.* ..Bellissssimoooooo!!

KronaKus: Come no…

LaCollegaCompassionevole: Mi piacciono i cartoni. Li guardo ancora…

KronaKus: Io non li guardo più. Adesso sono loro che guardano me.

LaCollegaCompassionevole: …

KronaKus: Ho paura.

LaCollegaCompassionevole: Beh, dai. Se ti guardano dev’essere una bella sensazione…

KronaKus: Parli così perché non sai che la strega Amelia e Olivia di Braccio di Ferro (che è più brutta della strega Amelia) vogliono fare una cosa a tre con me!

LaCollegaCompassionevole: …

KronaKus: …

LaCollegaCompassionevole: Sì, certo. Io lo sapevo già, Hanno deciso di dirlo a me pensando che nel grande rincoglionimento lavorativo di cui sono vittima non avrei ricordato nulla. Ma si sbagliavano!!!

KronaKus: Ah! E cos’altro ti hanno detto?!

LaCollegaCompassionevole: Che vorrebbero spingersi anche oltre il ménage a trois. Potrebbe trasformarsi in un’orgia, se la signora Minù accettasse…

KronaKus: …

LaCollegaCompassionevole: …

KronaKus: Ti prego.

LaCollegaCompassionevole: Cosa?!

KronaKus: Dammi asilo politico.

LaCollegaCompassionevole: …

KronaKus: …

LaCollegaCompassionevole: …

KronaKus: Mi sa che lavoro troppo.

LaCollegaCompassionevole: Mi sa anche a me.

LaCollegaCompassionevole è offline

Ricchi premi e du’ cojon (2)

8 Mag

cara collega,
ti scrivo adesso sennò domani mi scordo.
nel mio pezzo c’è un errore. ho scritto che la giraffa e l’ippopotamo s’innamorano nel primo film. no, era nel secondo. magari domani ti do una mano a correggerlo.
grazie.

kronny

p.s.: so che non sembra, ma questa è una mail seria.

Ricchi premi e du’ cojòn

7 Mag

Oggi ho scritto un pezzo dal titolo:
Se il re dei lemuri ama un orso col tutù

Sento che il Pulitzer è sempre più vicino.

Habemus Papam (anzi no) (2)

11 Feb

Morta una pagina se ne fa un’altra.

Lavoro per un magazine che si occupa di tv. Tutto questo col papa c’entra molto poco. Ma la televisione, si sa, va di pari passo con le cose che accadono nel mondo. E se il pontefice dà forfait il piccolo schermo non può rimanere in panchina. Non resta a guardare. Anzi, si fa guardare. Perché la gente vuole sapere. La gente vuole vedere. La gente vuole partecipare.

La gente vuole farsi i cazzi degli altri.

Il problema è che quel Benedetto papa ha scelto proprio il giorno sbagliato per rassegnare le sue dimissioni. Quale? Quello di chiusura del nostro giornale. Del nuovo numero, intendo. Quello in cui tutto dovrebbe essere bello e pettinato per andare in stampa, non stravolto da uno scoop rivelato in latino. Non so se Ratzinger abbia la patente nautica, io so soltanto che per via sua il timone del prossimo numero non è più lo stesso. E allora via una pagina dalla sezione bambini. E’ la prima a esser presa di mira se c’è un imprevisto. La prima a cui vengono tagliati degli spazi se Belen si dichiara lesbica, se Vespa si fa asportare un neo, se Alfano si dimentica di riportare l’osso. O se Berlusconi decide di farsi papa. Avrei dovuto capirlo dal nome, prima di accettare l’incarico. Quella sezione non si chiama bambini perché parla di Ben 10 o dei Pigiamici. Ma perché chiudere quelle pagine è ogni volta un travaglio. Ogni volta un fottuto parto.

Benedetto tempismo. Morta una pagina se ne fa un’altra. Via Scooby Doo, e sotto con l’annuncio che a marzo le telecamere saranno tutte puntate sul Vaticano. Mentre qua il mio lavoro viene stravolto al fotofinish. E dalle mie orecchie è tutta una fumata nera.

App & down

14 Gen

580494_10151189585816471_172131572_nLa Pixar grida vendetta. A chi ha scritto questa sottospecie di box dov’essere scoppiato qualche palloncino nella testa.

(A)caro amico ti scrivo

13 Dic

Così mi distraggo un po’. Che questo mese ho lavorato come un mulo, come una bestia da soma. Ho battuto il record di pagine seguite da me (e le ho acchiappate tutte!). Ben 38 (versione di quasi mezza età del noto ragazzino dei cartoon), se si conta anche l’immancabile pezzo sui supereroi fuori dalla mia sezione. E ce l’ho fatta, per Dio. Ce l’ho fatta. Mi sono impegnato parecchio. Sono stato così impegnato che non ho più avuto tempo per pulire la mia stanza. Ora c’è così tanta polvere che gli acari ne hanno preso possesso, e stanno per mandarmi lo sfratto esecutivo. Mi vogliono fuori dai coglioni, capite? Come fosse casa loro. Ah, cari acari miei, voi non sapete con chi avete a che fare. Con il lavoro le acque si sono calmate. Diciamo che siamo già in defaticamento pre-natalizio. In realtà c’è più fermento di prima, perché siamo (quasi) tutti in scadenza di contratto, e le sorti di qualcuno potrebbero cambiare di colpo. Ma mi sento più libero. Sto riprendendo possesso del mio tempo, che è la cosa più preziosa che ho. Dopo Jenny, certo. E allora è deciso. Mi farò prestare il finto-Kirby dai coinquilini e li aspirerò tutti, quegli acari del cazzo. Meglio: darò fuoco alle polveri.Vedremo chi sfratterà chi.

Ciao. Io sono Jenny. KronaKus mi ama ogni notte.

«Ciao. Io sono Jenny. KronaKus mi ama ogni notte.»

Nel mirino di Mickey Mouse

15 Nov

Contr’ordine. Io non sono nerd. Io sono l’ultimo dei nerd. Un vero nerd non sarebbe mai stato cazziato dal mito dei miti, il personaggio dei personaggi, il capostipite di tutti gli eroi del nostro immaginario. La Disney si è impuntata: il titolo che ho scritto proprio non le va giù. Non le piace. E insiste. Acciderbolina. Topolino mi odia. Nemmeno gli avessi rubato la topa. Come se non si sapesse che Minnie in realtà è un trans (chiedete a Marrazzo, lui ne sa qualcosa). E che colpa ho io se non gli funziona più il Pippo (e la cosa lo rende moooolto nervoso)?. Ecco l’ho detto. Ora m’inseguirà. Mi perseguiterà. Datemi asilo politico, vi prego. Chiamate Winnie the Pooh (noto sassofonista di una storica band italiana) con il suo miele esplosivo. Peter Pan, pensaci tu. Fagli sniffare un po’ della tua polvere magica. Chissà che non voli via da un’altra parte.

Fate qualcosa, vi prego!

Ok, ok. Ho bluffato. Minnie è una vera topolina. Cento per cento. Ma io non ho fatto niente, giuro. Lo vedrete quando partorirà un coso col becco, di chi è la colpa di tutto. Po*ssca pupa*xaaa!!

Jiro di bozze

14 Nov

Ieri. Giro di bozze. Ho fatto presente che American Dad! si scrive con il punto esclamativo finale. Che Selene, la protagonista di Underworld, non è un personaggio Marvel, ma è dopo il successo del film che ne han fatto un fumetto. Poi ho corretto il tiro sull’identità del cattivo di Kung Fu Panda 2. Altro che serpente, Shen è un pavone!

Però così facendo gioco contro me stesso. E perdo. Puntualmente perdo. Ormai non ho più scampo. Qua dentro c’è chi mi batte, e a mani basse, ma sono ufficialmente io il nerd della redazione. Anche se nego. Talmente nerd che ho nascosto qualcosa di nerdoso anche nel titolo di questo post. Il primo che indovina a cosa mi riferisco vince un Uomo che cammina di Peluche.

Questa foto è fuorviante. Ma va bene così. E poi è una discreta sintesi visiva di quanto ho appena scritto. Quindi sshhh.

HugHagHugHagHugHag!

8 Nov

Questi giorni. Mini-pezzo su un programma per bambini. Qua c’è sempre fretta, tanta fretta. E per sbaglio ho ribattezzato il cartone MuMuHug in MuMuHag. Suvvia, non facciamo i fiscali. In fondo un decaffeinato è un po’ come un fottuto abbraccio.

P.S.: per cercare questo video su YouTube l’ho scritto di nuovo sbagliato. Sigh.

Cowabunga!!

11 Ott

Cowabunga!! (che poi sarebbe perdindirindina in italiano).. Ho appena saputo che una collega con cui ho fatto l’esame da professionista è in maternità. In dolce attesa, sì, di due gemelli. Spero che il suo futuro possa essere altrettanto dolce, perché di questi tempi non è facile trovare lavoro in una redazione se hai al seguito due bei marmocchi. Ritmi frenetici, orari strani, turnazioni ancora peggio. Questo non è un paese per famigliole.

Ma, sì. Io in fondo è meglio che pensi per me. Sono un uomo (aspetta.. controllo.. sì.. confermo), ma ho anche io i miei parti. Pezzi scritti e riscritti nel tentativo di raggiungere certi standard (para)giornalistici. Per arrivarci, ieri ho dovuto rimettere mano a un pezzo sulla Cappella Sistina per ben cinque volte. Forse sei. Un parto plurigemellare, insomma.

Chi di dovere ci ha fatto i complimenti. Sono venuti fuori proprio dei bei marmocchi. Peccato non siano i miei, o comunque in loro c’è ben poco del mio dna. Ma non importa. Vendere la penna al diavolo fa parte del gioco a cui ho scelto di giocare.

Intanto stanotte mi sono sognato Michelangelo che dipingeva. Poi è arrivato Shredder che gli ha fregato i pennelli.

La linea d’ombra

28 Ago

Più al centro di quel che pensassi. Il mio pensiero vola, è per questo che mi hanno chiamato. Per elaborare oltre l’elaborato. Per volare oltre il volato. Ma il mio pensiero se ne sta più al centro di quel che pensassi. Credevo fosse laterale, lateralissimo. Forse lo è, ma non ancora dove e come servirebbe.

Creo. Se questo blog esiste è perché creo. Lo faccio da sempre, perlomeno lo faccio da tempo. Perché creare è un po’ vivere, e io senza vita sarei un uomo morto (segue raspatina). Lateralizzo il pensiero, ma ancora non basta. Mi sento il supersayan del giornalismo, chiamato a combattere un grande nemico perché come guerriero ha dimostrato di avere delle doti. Ma no, ancora non basta. Il nuovo avversario è forte, temibile. Temibilissimo. Servirebbe un aumento dell’energia, un incremento del potere. Un passaggio di livello. E una testa ossigenata sbucata fuori all’improvviso.

Servono idee, KronaKus, mi avevano detto al colloquio. Ma nonostante gli sforzi le idee giuste ancora scarseggiano. Lo si vede dal confronto a fine timone tra me e chi ha l’ultima parola. La penultima, dai, che dove lavoro io è il cliente a fare il bello e il cattivo tempo. E nel mio lavoro non è vero che è sempre lui ad avere ragione. Ma questa è un’altra storia.

Il fatto è che credo di star facendo chissà che. Poi, puntuale, arriva la sveglia. Questo sì, questo no, questo no e questo no. Anche se quest’altro si. Però quest’altro no. Siamo già al secondo giro di giostra, e ancora non ci siamo. Lo scorso mese ho proposto delle cose. Andavano bene, ma con riserva. Ci si vuole spingere sempre più in alto, e vuoi o non vuoi è giusto così. Questo mese ho proposto più cose, ma sempre dello stesso genere. Pezzo portante con box, pezzo portante con schede di personaggi simili tra loro, persino personaggi simili tra loro ma senza pezzo portante. Poi è finita che non erano nemmeno così tanto simili, e allora tanti saluti.

Mi accorgo di ragionare come se questo fosse ancora il quindicinale della scuola di giornalismo. Invece è una rivista popular, parola di chi detiene l’ultima parola. Ok, la penultima. Ma è tutt’altro che un problema. La sfida è appena cominciata. Supererò la linea d’ombra, poi vedrò cosa sarò diventato.

Nella tana del lupo

17 Lug

“Dodici anni qui e finalmente me ne vado. Non vedo l’ora! Ho due colloqui la prossima settimana, poi addio Metropoli a Gas!!”.

La cameriera di questo locale prossimo alla chiusura è la bocca di una verità che non vorrei sentire. Sono arrivato la notte scorsa. Un incubo su rotaia. Su un Intercity in ritardo di mezzora. Posto garantito? Certo. In piedi. A fare la danza del ventre tra un vagone e l’altro, a gambe larghe come una troia esotica. Di fronte a un cesso con una porta che non stava chiusa, preso d’assalto da donne colpite da cistite compulsiva, e che ogni volta mi hanno fatto spostare armi e bagagli. Soprattutto le armi. Occhio, signore, che se mi parte un colpo vi rifaccio la messa in piega. Gente in piedi pure in prima classe. È come pagare una fortuna per mangiare ostriche e poi doverle prendere al volo, a mo’ di foca Sibert.

Che poi mercoledì scorso la fisiatra mi ha diagnosticato una scoliosi. Iera sera, dopo cinque ore di viaggio così mi hanno fatto cittadino onorario di Notredame.

Complice anche una metro in vena di burle, sono arrivato nella mia nuova casa quasi due ore dopo rispetto all’orario che avevo previsto. Poi una notta agitata da treni (dormo attaccato alla ferrovia), schiamazzi, televisori in altre stanze. E non so cos’altro perché sono crollato comunque come una pera cotta. E oggi l’esordio in redazione. Mi sentivo come al primo giorno di scuola. Ero tentato pure di mettere il grembiulino azzurro, ma una botta di buon senso mi ha riportato sui giusti binari.

Poi qualcuno mi spiegherà perché stasera ogni cosa che scrivo va a parare sul concetto di treno.

Non racconterò com’è andata. E’ andata troppo bene per poter essere la regola, oppure sono io che ho sempre pensato al lavoro come un inferno in Terra. E a torto. Fatto sta che oggi ero a pranzo con Insu Lina (leggi qui e qui se non ti ricordi chi è) e una del reparto grafici quando la cameriera, amica di quest’ultima, ha lanciato il suo grido liberatorio. La verità che non avrei voluto sentire. Io che ho appena lasciato il mio mare per questo grigio alveare, con un bagaglio pieno di sogni e di speranze, ma anche di mutande, calzini e antimicotici per le orecchie (stare sempre in acqua ha i suoi effetti collaterali).

Da domani, invece, racconterò tutto quello che succede in redazione. Ma proprio tutto. Tutto. Ma tutto, eh. Tutto. Tutto, sì. Tutto il buono che c’è. Solo e soltanto quello. Sono nella tana del lupo. L’eventuale marcio lo nasconderò sotto lo zerbino, o addio Co.Co.Pro.

Faccio come Bart Simpson

11 Mag

BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA
BIN LADEN NON E’ STATO TROVATO IN UNA GROTTA

 

Nella notte dei tre euro al pezzo

8 Feb

Nella notte dei tre euro al pezzo senti che il tuo tempo è come un pc del ’98. Svalutato.
Nella notte dei tre euro al pezzo senti che il tuo lavoro ha lo stesso rango di un hobby generoso. Ti appaga, forse ti paga. Ma con molta timidezza.
Nella notte dei tre euro al pezzo ti sembra di fare il fornaio, e almeno questa è una bellissima sensazione. Ti pare di sfornare delle pizze farcite da far invidia alla migliore delle pale da forno della città. Sono lì, pronte da vendere. Tre euro al pezzo.
Nella notte dei tre euro al pezzo senti un freddo che più freddo non si può, e ti viene voglia di vendere la neve agli eschimesi. Avrebbe comunque più senso di questo scribacchiare sottopagato, e quantomeno potresti approfittarne per riaccompagnare a casa il pinguino che si è stabilito nel tuo salotto ormai da giorni.
Nella notte dei tre euro al pezzo ne fai tre. E fanno nove verdoni. Ma poi pensi che in realtà sono diciotto, perché nove ne hai guadagnati, ma altrettanti ne hai risparmiati stando di fronte a un computer, evitando di sprecare le tue lancette andando al cinema con un amico e poi facendoti una birra (piccola, che sennò chi la paga?!).
Nella notte dei tre euro al pezzo ritrovi il gusto di leggere, perché appena finito hai la testa che ancora fuma, ed è recettiva come uno Spongebob un po’ meno scemo. Il gusto di scrivere invece è già uscito di casa, nudo e con solo tre euro lordi in tasca. In cerca di un nuovo perché, da trovare chissà dove.

Bellicosì

26 Nov

Vietnam, Addestramento estremo 2, Mille modi per morire. Carini i titoli dei programmi tv su cui devo scrivere oggi pomeriggio.

Stasera voglio farmi una pizza con Gandhi e Winnie The Pooh.

Molla l’osso, Mister Paradosso!

8 Ott

Io lo so che un gratta e vinci vincente (che se così non fosse dovrebbe chiamarsi “gratta e perdi”) può cambiarti la giornata, e allora senti il bisogno di dirlo subito a qualcuno, di raccontare il tuo successo temporaneo. Anche solo per venti euro. Sì, una sfoglia da venti e ti senti già di tutta un’altra pasta. Che come dice Quelo c’è grossa crisi, e allora prendiamo tutto quel che c’è da prendere. Vuoi mettere, poi, il gusto della sfida contro lo sorte, contro una dea bendata a cui a volte ti verrebbe da gridare: Ma perché cazzo non te la togli quella cosa dagli occhi? Non sei mica la figlia di Capitan Uncino!

E poi lo so che ci sono quei piccoli grandi casi che ti fanno sentire vivo, quelle notizie che fino all’ultimo non sai mai se sono rumori di corridoio o spifferi provenienti da finestre che è meglio spalancare tanto è grossa la cazzata. E’ che l’idea che Kobe Bryant possa venire a giocare in Italia stuzzica la curiosità di molti. E’ come se Madonna venisse a fare un concerto a San Siro con quei Teletubbies mancati dei Cugini di campagna. Il basket italico è in fermento per via di questa (a mio avviso lontana) possibilità, e mio padre pure, anche se nega e non capisco bene il perché. Tant’è che mi racconta ogni cosa, ogni pettegolezzo che passa per i suoi quotidiani diventa di mio dominio. E me li riferisce tutti con entusiasmo, come un Signorini che intervista Piersilvio, tanto per rimanere in famiglia. Ecco, ormai Kobe Bryant è diventato per me una sorta di fratello. So che è stato qui da noi (in Italia, non a casa nostra), che ha rilasciato interviste anche al giornalino della parrocchia, che ha rievocato la sua infanzia con aneddoti dolci (anche per forza) come quello del gelato mangiato a Reggio Emilia tanti anni fa. Ecco, io so tutto. Ed è tutto merito di mio padre.

Mister Paradosso è il mio informatore personale. Sono un aspirante cronista, mastico news ma sono spesso di seconda mano. La prima è quella di mio padre. Sì, proprio lui, Mister Paradosso. L’uomo che non è mai contento, ma d’altronde dev’essere una sorta di vizietto paterno (oltre il lotto, il superenalotto e il calcioscommesse). L’uomo che dopo pranzo è tutto contento del tuo probabile contrattino con una rivista femminile (!!!), che tutto soddisfatto ti dice Allora ccc’hai mercato!, con la c trascinata a mo’ di rafforzativo, ma che a fine pomeriggio ha già qualcosa da ridire. Che poi io non vendo slip e calzettoni in piazza al sabato mattina, per me il mercato è niente più che un crocevia di bancarelle e di venditori di pesce falliti tanto hanno da strillare. Ma sì, la sua era sicuramente una manifestazione d’affetto, un essere fieri della propria progenie. Che poi sarei io. Gulp!

E allora, Mister babbo Paradosso, lasciami lavorare. Lo so che hai vinto venti euro, lo so che Kobe Bryant alla Virtus Bologna è il tormentone sportivo del momento. Ma per una volta che ho da fare, ti prego, molla l’osso. Mi entri in camera per parlare. Se trovi la porta chiusa a chiave t’improvissi Lupin e quasi me la scassini per dirmi del grattino vincente e del campione viaggiante. Io sorrido e ti faccio notare che sì, ultimamente hai proprio tanta voglia di parlare. E tu, proprio tu che durante l’estate sei arrivato a sfuriare per la mia indolenza da giornalista represso urlando come gli ambulanti di cui sopra, ora mi rispondi: No, sei te che sei sempre occupato!.

Mister Paradosso è proprio il classico papà, fiero ma mai contento. O magari sì, perché in fondo io lo guardo e capisco. Capisco che per lui i piccoli passi che sto muovendo negli ultimi tempi sono come i venti euro vinti al gratta e vinci. Possono cambiarti la giornata, e il successo temporaneo di tuo figlio resta sempre qualcosa da raccontare.

Il dispiacere di fare la spesa

14 Set

Ringrazio l’Auchan per avermi ricordato come si sta a Natale con tre mesi e mezzo di anticipo. Ringrazio l’Auchan per avermi fatto incontrare Pingu e la foca Sibert tra una confezione di Magnum e una di Polaretti. Ringrazio l’Auchan per avermi fatto scambiare due chiacchiere con Capitan America, bello bello ibernato tra l’emmenthal svizzero e il salame Beretta. Ringrazio l’Auchan per avermi fatto venire raffreddore e mal di testa, per aver risvegliato il mio più grande nemico. La sinusite. Ringrazio l’Auchan per avermi ricordato anche che l’estate è quasi finita, che i climatizzatori non servono più e che è ora che mi trovo un cazzo di lavoro.

Spero che anche l’Auchan mi ringrazierà quando al suo interno avrò piazzato una bomba a grappoli telecomandati, ognuno diretto a un bocchettone dei suoi fottutissimi condizionatori ghiacciafuoco.

L’unica cosa che conta

1 Set

La tv mi fa nostalgico. E come direbbe Cetto La Qualunque, Dadadà non c’entra una beata minchia. Non è nemmeno perché ormai quella scatola proietta-cazzate è diventata per me una coinquilina invisibile, e allora ritrovarmela ogni tanto lì sul mobile, neanche fosse tornata da una crociera esotica, mi fa ricordare i tempi di Mazinga e di quel gran pezzo di Lady Oscar. No, non per quello. La nostalgia mi è arrivata, leggera ma improvvisa, per via di un promo che sta circolando da giorni su di un film che mamma Rai ha messo in caldo per il nostro tiepido autunno.

E’ che io Fortapàsc me lo sono già visto. Ero ancora nel Paese dei Polpacci, a sognare un futuro incerto con felicità a momenti. Erano i tempi della scuola di giornalismo, tempi che oggi sembrano quelli di Jurassic Park. Non del film, proprio la preistoria. E invece è passato poco più di un anno. Eravamo nella camera della Silente, la collega che avrebbe tanto da dire, coinquilina mia e dell’amico Invasato. Immaginavamo un avvenire avventuroso, fatto di tanto impegno e di altrettante parole. Abbiamo tremato nel caldo di quel residence, di fronte al sacrificio di una persona che credeva nel giornalismo e nell’uomo. Soprattutto nell’uomo. Che poi è l’unica cosa che conta.

Il tempo ci sta dicendo che invece per noi c’è ancora tempo. Che per noi il tempo di quel tempo, quello dell’impegno e delle altrettante parole, non è ancora arrivato. Ma noi continuiamo a sognare il nostro futuro incerto con felicità a momenti, a credere nel giornalismo e nell’uomo. Soprattutto nell’uomo. Che poi è l’unica cosa che conta.