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EUROTeleKronaKus (6)

5 Lug

Molti di voi sperano in un’imminente gara 2. Chi per cercare di pareggiare i conti e cambiare l’inerzia della serie contro la Spagna. Chi, invece, perché spera che le mie agghiaccianti telecronache possano in qualche modo continuare. Invece no, questi non sono i playoff Nba. Non c’è nessuna serie in corso. Partita secca e tutti a casa. Gli Europei di calcio sono finiti. Io ho già arrotolato la bandiera e l’ho rimessa lì nell’angolino. A prendere la polvere, a covare speranze per futuri caroselli. Per adesso tutti a nanna.

Queste, intanto, le ultime boiate con cui ho imbrattato la mia bacheca Facebook (ah no, adesso si chiama diario..) durante la finale.

Al via le EUROTeleKronaKus, probabilmente in formato ridotto. Fatemi godere la finale, cribbio!
Sento i primi caroselli per le strade. Qualcuno ha rubato la DeLorean a Doc?!
Super Mario (Balotelli) in campo. Super Mario (Monti) in tribuna. La Nintendo nuovo sponsor ufficiale della nazionale italiana.
Buffon canta l’inno con tanta veemenza da sembrare quasi sulla tazza. Monti, invece, sputa fuori una parola ogni tanto. Prevista per domani l’approvazione in Parlamento di un decreto che istituisca un inno tecnico che gli eviti ulteriori sputtanamenti.
Scontro aereo tra Alonso e Abate. Si cerca la scatola nera.
Balotelli e Sergio Ramos continuano a toccarsi. Il metrosexual ha finalmente un nome.
“Uno-due” e già siamo in difficoltà. Eppure è semplice. Dopo viene il tre, lo sanno anche i bambini.
Tocco magico del Mago Silva. Spagna in vantaggio.
Alonso fa la ruota in area. Manca il copertone e cambiamo direttamente sport.
Non teniamo una palla. Zero testiculi.
Porka Waka! Giallo per Piqué.
Cassano invece di tirare fa una specie di retropassaggio per Casillas. Crede di giocare ancora in Spagna.
Jordi Alba per la Spagna. Precoce tramonto per l’Italia.
Finisce il primo tempo. Azzurri annichiliti. Monti li ha spaventati annunciando dalla tribuna l’introduzione di una “soccer-tax”.
Nell’intervallo Prandelli a colloquio con Monti. Gli ha suggerito di introdurre un’euro-patrimoniale contro chi vincerà stasera.
Cassano fuori per infortunio. È scivolato nello spogliatoio. Su una saponetta piazzata da Cecchi Paone. Chissà se per vendetta o se per diletto.
Alba è velocissimo. Altroché Furia Rossa. Frecciarossa.
Fuori Montolivo. Deve andare ad aggiustare il taglio. (vediamo questa chi la capisce..)
Dopo la doppietta contro la Germania Balotelli è diventato testimonial della Nike. Dopo stasera sarà l’uomo immagine delle Lelly Kelly.
Motta sotto i riflettori e subito si squaglia. Italia gelata in dieci.
Altroché 11, loro sembrano 22. La pecora Dolly doveva essere spagnola.
Stasera Balotelli gioca da solo. È pronto per il Roland Garros.
Gli arbitri vedono quello che vogliono. Jordi Alba lo chiamano Jessica.
Distribuisco biscotti agli ospiti per addolcire la pillola. Non funzionano. Proverò con il tronchetto Di Natale.
Ecco perché preferisco il basket al calcio. Con un tiro da tre risolveremmo la partita.
Balzaretti zoppica. Tra un po’ sarà un Buffon contro tutti.
La Spagna per il 3 a 0. Siamo ufficialmente caduti dalla Torres.
Preferisco il basket, sì. Però il tiro da quattro non esiste.
Scornata azzurra. E onore ai matador.
Fi-fii-fiiiii. Adios, amigos.
Mi accorgo ora che il quarto gol l’ha segnato Juan Mata. Un nome un destino.
Cantiamo tutti in coro. Pooo-po-poo-porcameeeerdaaaaaa!!…
Ero così pronto a festeggiare che mi vestirei di giallorosso e prenderei un charter per Madrid.
Applausi tecnici di Mario Monti. Mai visto un gufo con gli occhiali.
Buffon disperato. Aveva puntato la Seredova alla Snai sul trionfo dei suoi.
Beati i ragazzi dei caroselli delle 20 30. Altroché DeLorean. Quelli avevano già capito che stasera non si sarebbe andati oltre la festa preventiva.
E adesso tutti pronti per le Olimpiadi. Vi delizierò con delle OLIMPITeleKronaKus da leccarsi i baffi. Tutti gli sport, ventiquattr’ore su ventiquattro. Non dormirò, non mangerò. Mi infilzerò una flebo e chi si è visto si è visto.
Non è vero. Mi sa che in quel periodo avrò ben altro da fare…

Ho un tarlo nella testa

13 Ago

Stanotte andrò a letto con un tarlo nella testa. Roba che se il mio cervello fosse fatto di legno mi risveglierei con il vuoto cosmico dentro il cranio. Stanotte andrò a letto con una convinzione, quella che qualcuno ce l’ha con me. Qualcuno con cui ho avuto a che fare circa tre anni fa. Qualcuno che KronaKus conosce bene, perché in fondo è di suo “padre” che stiamo parlando. KronaKus sono io. KronaKus però è soprattutto un personaggio, un alter ego. KronaKus (il pupazzo, non il ragazzotto che sta dietro le quinte) è nato nel suo grembo. Nel grembo del Capo. Il suo primo datore di lavoro. Ok, facciamo il suo primo datore di qualcosa che in tre anni non ha ancora trovato una definizione. Soldi non ne ho praticamente visti, e che fosse giornalismo in senso stretto la scientifica non l’ha ancora appurato.

Bene. Anzi male. Perché sembra che il Capo mi odi. Prima era un sospetto, ora è diventata una certezza. O se non mi odia crede almeno di avere ragione di ignorarmi. Sono tre volte che lo incrocio per la Baia delle Zanzare. Mai un saluto. Le prime due ho pensato non mi avesse visto. Da lui nemmeno un cenno, ma allo stesso tempo nemmeno uno sguardo. La sua ragazza invece mi saluta. E’ una mia compagna delle elementari, e carina carina quando ci si vede un ciao accompagnato da un sorriso me lo concede. Da piccoli non avevamo nemmeno poi tanta confidenza. D’altronde all’epoca io ero poco avvezzo alla socialità, ero il classico bambino tranquillo tranquillo. Troppo tranquillo. Mi chiamavano Camomillo. Il tempo è passato, le cose sono cambiate. Io oggi sono un’altra persona. Non sono un animale da palcoscenico, non è nella mia natura, ma sono diverso da una volta. Oggi socializzo. Adoro parlare con la gente. E adoro anche solo salutarla, o farmi salutare. Ma il Capo no. Lui non vuole farlo.

Non è la tipica paranoia della notte. Stasera l’ho incontrato per ben due volte, e alla seconda mi ha addirittura guardato negli occhi. Dritto negli occhi, o quasi. E’ stato un lampo, una cosa molto furtiva. Ma lui mi ha visto, e io ho visto lui. Soprattutto ho visto che mi ha visto, e questo fa tutta la differenza del mondo. Perché è caduto anche l’ultimo muro: non è che non mi veda, non mi caga proprio.

C’ho riflettuto parecchio, e se posso dirla tutta la cosa mi urta abbastanza. Non il doverci riflettere, ma l’immotivata assenza di un cenno, la mancanza della più semplice delle cordialità. Un ciao (seppure certi motorini non vadano più di moda). Anche un ciao stronzo, volendo. Sarebbe già più gradito. Avrebbe già più senso.

Siamo diversi, e questo non c’ha mai permesso di avere una vera empatia. Personalmente ho vissuto come qualcosa di bizzarro il fatto che il mio Capo fosse uno della mia età, uno che fino a pochi anni prima lo vedevo girare per la mia stessa scuola. Ma soprattutto è la diversità ad averci separato alla nascita di un rapporto di presunto lavoro che difficilmente si sarebbe evoluto in qualcos’altro. Che so, magari in un’amicizia, o nel semplice piacere di fare due chiacchiere extra-(presunto)lavoro davanti a un caffè che non fosse quello della macchinetta della redazione. Abbiamo idee politiche opposte, ma soprattutto ha un modo di intendere la vita che è l’esatto contrario del mio. Tutto più che legittimo, ma evidentemente tanto basta a negarmi il saluto. Lui è il classico uomo d’affari, il self-made man con il culto dell’imprenditoria intensiva, e che non disdegna il salto (già fatto) nei palazzi della politica. Lui si ammazza di lavoro, io rischierei di ammazzarmi di noia se non fosse che ho più interessi di uno strozzino.

Ci sono diversità che mi fanno venire l’orticaria, atteggiamenti a cui non riesco a trovare una ragione d’essere. Ma il bello di me è che li so accettare. So soprassedere, purché ci sia un rispetto reciproco. E salutare è sinonimo di rispettare. Ma forse lui ha capito che non sono della sua stessa sponda. Ha capito che anche se ormai questa maledetta Baia gira intorno ai soliti due o tre Machiavelli di turno, io, il cronista nato dal suo grembo di mammo, giro in una direzione completamente opposta. Sono una lancetta con il vizio dell’antiorario. Prima o poi qualcuno mi farà passare un brutto quarto d’ora.

Che siamo diversi l’avrà capito quella volta che l’ho fatto incazzare. Mi occupavo del suo sito, e avevo messo in evidenza una notizia con le dichiarazioni di uno dei più grandi nemici della nostra giunta. Non la voglio nemmeno vedere quella faccia da cazzo, aveva detto. Così ho tolto la spunta, sono stato costretto a metterla in secondo piano. Ma va bene. Diciamo che va bene. Il Capo è il capo, la gerarchia delle notizie la detta lui, nonostante il fatto che la loro rilevanza dovrebbe venire prima delle ideologie indigeste.

Magari il punto non è nemmeno questo. Magari si è sentito tradito quando l’ho mollato su due piedi non appena ho saputo di esser stato selezionato per la scuola di giornalismo. Ma io alla sua promessa di farmi fare il praticantato non ho mai creduto, così ho seguito la mia strada. Aveva mosso mari e monti con la sua commercialista per capire come farmi avere un tesserino senza spendere che pochi spiccioli. Ma io non mi sono mai fidato. Mi deve ancora trenta euro. Trenta miseri euro. Figuriamoci se mi potevo fidare. Nel frattempo mi son fatto le ossa con professionisti veri. Professionisti non soltanto per via del tesserino, ma per l’esperienza. Quando me ne sono andato il Capo mi ha addirittura detto che se avessi imparato qualche trucchetto interessante a livello giornalistico glielo avrei dovuto comunicare. Sono stato fuori, ho fatto stage in redazioni importanti. Non mi pento. No, non mi pento. Nemmeno se non ho ancora uno straccio di lavoro. Non sputo mica su di un piatto che tra tasse e affitti mi ha fatto perdere non poco denaro, ma che perlomeno non mi ha fatto perdere una cosa ancora più importante della filigrana stessa. Il tempo. Ho fatto la mia scelta. Solo il mio me futuro sa se il mio me passato ha fatto la cosa giusta. Prendo la Delorean e vi mando un telegramma olografico post-datato.

O magari il problema è che sa di questo blog. Sa del sarcasmo di fondo, e magari non lo accetta. Ma questa è un’altra storia. E questa, forse, è davvero la tipica paranoia della notte.