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Questione di quorum

13 Giu

Il mio paese sta cambiando faccia. Vota contro le forze di maggioranza. Va in massa alle urne per i referendum. Magari domani vedrò pure qualche camorrista aiutare le vecchiette ad attraversare la strada senza tentare di derubarle. Il mio paese sta cambiando, anche se a qualcuno questo fa molto incazzare. Ma quando soffia un altro vento è sempre una questione di quorum, quella cosa che batte nel petto di un popolo e che ha un suono più forte di tutto il resto. Immagino già le prime pagine di domani, anche se vista l’ora dovrei dire “oggi”. Il Fatto quotidiano in festa che chiede nuovamente le dimissioni del Mister, Libero che dirà agli italiani che sono caduti nella trappola dei comunisti, Topolino con la seconda parte dell’avvincente saga di Paperino Paperotto e il grande sonno. Ma l’importante è il vento, l’importante è che tutto si muova. Nel bene o nel male, dove l’acqua ristagna è tutta una lagna.

Sei nelle tue mani

11 Giu

Anche se non tutti la pensano così, i prossimi due saranno giorni cruciali per l’Italia. Tempo fa ascoltavo Caparezza, e ho passato un periodo in cui mi veniva da scrivere come se fossi lui. Per fortuna non avevo stage in corso. Alla vigilia del referendum contro il ritorno del nucleare propongo il finto-rap che mi era uscito fuori. Da dove non si sa. Tutto questo senza nulla togliere agli altri quesiti. Quello anti-atomo mi sta più a cuore degli altri, ma il vostro cronista disoccupato di fiducia metterà di certo la croce su tutti e quattro i SI. E voi?

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Ti fotto
col botto
e senti lo scotto
di un mondo ridotto
e colto sul fatto
le mani nel sacco
ti rifilo il pacco
Tu dillo, son matto
e senza difese
son pure scortese
sei tu che poi vivi ma senza pretese

Agisci a tue spese
fino all’ultimo gong
qualcuno mi chiede
cos’è questa song?
è un inno alla vita
di gioia infinita
di un canto che serve
a un mondo più verde
di assillo che ingrana
una marcia diversa
di un mondo che frana
in una ruota perversa

Ti sembra normale
che quella centrale
ti possa centrare
col suo nucleare
col suo evaporare
di fumi e di raggi
il becchino ingaggi
ti porgo i miei omaggi
Se l’atomo sfoggi
poi non c’è domani
te lo dico oggi
sei nelle tue mani

Il bello, il brutto, il cattivo

9 Giu

Il destino scherza con me, ma non è detta che io abbia voglia di scherzare con lui. Anzi, no, non ne ho proprio voglia. Qua si direbbe che pretendere di guardarsi le finali Nba in santa pace sia come aspettarsi che domenica prossima Berlusconi contribuisca a raggiungere il quorum. Impossibile, appunto.

Non mi sono ancora deciso a guardarmele in diretta, e ne sto pagando il prezzo. Continuo a registrare le partite di notte per guardarmele di giorno, perché so che a mio padre fa piacere guardarle insieme a me dopo il lavoro. Ma così continuo a conoscere il risultato prima di arrivare alla fine. Anzi, proprio prima dell’inizio. Con mio padre che nel frattempo si frega leggendo Repubblica.it dall’ufficio, e incampando (neologismo nato dalla fusione tra incappando e inciampando) sul resoconto del match rovinandosi la sorpresa. Così finisco per guardare le partite da solo. Solo e rassegnato a non gustarmele davvero perché in qualche modo qualcuno mi ha spifferato chi ha vinto.

Due mattine fa girovagavo per Facebook. Ho trovato una foto strana e l’ho aperta. Sono finito sulla bacheca di una ragazza che studia scienze motorie, e che aveva da poco pubblicato un link sulla partita della notte prima. Sì, quella che dovevo ancora guardare. Finali Nba, Miami… E lì mi son fermato. Ma da che mondo e mondo il titolo di un articolo nomina per primo chi vince. Salvo elaborazioni particolari. Salvo partite della nazionale, che allora l’Italia la nomini anche se perde, perché la notizia è proprio quella.

Poi l’ho guardata, quella maledetta gara 3, ma con meno interesse. Miami ha vinto davvero, e anche questa volta quasi allo scadere dei tempi regolamentari. E sì, se so come finisce perdo metà del gusto. Credo sia normale. Come credo sia normale non poterne più di questa sfiga. Dopo il bello della diretta e, ancora prima, il brutto della differita, ora spunta pure il cattivo. Il bello, il brutto, il cattivo. Che poi sarei io. Il cattivo, dico. Provare per credere.

Stamattina mi sono guardato gara 4. Questa volta mi sono piazzato davanti al televisore senza anticipazioni sul risultato. Driiin. Il telefono. Ha risposto mia madre. Era mio padre. Cioè, mia madre era mia madre, e mio padre era mio padre. Insomma il mio genitore donna ha risposto alla chiamata del mio genitore uomo. E lei: Ha chiesto babbo se vuoi sapere com’è finita. Se nel pomeriggio son caduti fulmini e saette un motivo dovrà pur esserci.

Poi in palestra. Ormai mi sono deciso a farmi i muscoli come LeBron James, che magari le prossime finali me le gioco io direttamente. Mica per la gloria, mica per i soldi, nemmeno per passione. E’ che almeno così nessuno potrà dirmi come finisce la partita prima del fischio finale. Perché sul campo ci sarò io.

Stavo facendo ancora riscaldamento quando mi si è avvicinato un compagno delle superiori. Due chiacchiere al volo, del più e del meno, ma anche del per e del diviso. Appena finito di dare i numeri gli ho raccontato che prima di arrivare mi sono guardato gara 4. Lui mi ha subito bloccato. Non mi dire come finisce, me la sono registrata e la devo ancora vedere. Mi è venuta la faccia da signor Burns. Viscida, diabolica. E per la frustrazione c’è mancato poco che non gli raccontassi com’era finita.

Il bello della diretta

5 Giu

ATTENZIONE: PRIMA DI LEGGERE RICORDATI CHE DOMENICA 12 E LUNEDI’ 13 GIUGNO HAI UN APPUNTAMENTO CON LA CABINA ELETTORALE. SII GALANTE, NON MANCARE.

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E dire che era quasi fatta. Erano le due di notte. Dopo il mio spuntino notturno mi sono piazzato davanti alla tv. Ho fatto partire la partita (come ha fatto a partire se era già partita?!), la seconda replica di gara 2 delle finali Nba appena andata in onda su Sky Sport. Avrei voluto registrare direttamente la diretta (e se è diretta la si registra direttamente per forza..), ma il 2 giugno ero troppo impegnato a scrivere cazzate sul blog per riuscire a programmare correttamente il decoder. E infatti avevo registrato l’ennesima replica di gara 1, la partita precedente, e ho dovuto rimediare puntando tutto sull’ultima replica del giorno dopo. Poco male. Forse.

Ho rischiato ancora una volta di sapere in anticipo come sarebbe andata a finire, inciampando su uno status sospetto da parte di un collega della scuola di giornalismo che vagava sulla homepage di Facebook (lo status, non il collega, non è mica il Tagliaerbe!). Durante la giornata di ieri mio padre non ha avuto occasione di conoscere il risultato, così non ho nemmeno dovuto sedarlo per evitare che me lo anticipasse (era a casa per via del ponte, e comunque la sera si “seda” da solo sul divano a mo’ di pachiderma sbronzo). Mentre il fucile del cecchino che ho assoldato è ancora puntato sulla tempia sinistra del mio ex-allenatore. Insomma, tutti i pezzi erano al loro posto. Avevo fatto le mie mosse e tutto sembrava perfetto. Bene. Forse.

Ho fatto partire la partita (…). La registrazione l’ha presa un po’ larga, partendo dagli ultimi minuti dell’ennesimo successo di Siena nel campionato di basket italiano. Ho mandato avanti veloce. Ho visto la pubblicità. Poi ho visto immagini che erano palesemente di Nba, e pensando che fosse una specie di introduzione al match ho ripristinato la velocità normale e con essa anche l’audio. No. Sbagliato. Era la pubblicità di gara 3, e ho sentito quello che non devo sentire. …itolo è molto vicino, ma Dallas è pronta a stupire il mondo.

Tragedia. Putiferio. Ho pensato. Ho realizzato. Ho battuto i pugni sul divano più e più volte, consapevole di aver saputo il risultato ancora una volta prima di vedere la partita. Ho capito di esser stato tradito dalla superficialità di Sky, che allo scopo di presentare quello successivo aveva mandato in onda uno spot a tradimento lasciando trapelare il risultato dell’incontro la cui replica doveva ancora cominciare.  I Miami Heat avevano vinto soltanto una partita, all’interno di una serie al meglio delle sette. Questo significa che l’ambìto anello è loro soltanto se ne vincono quattro, avversari permettendo. Detto questo, per quale motivo la voce fuoricampo avrebbe dovuto dire che una squadra è vicinissima al titolo se non perché ha vinto anche il secondo round? Ho fatto uno dei miei soliti due più due. Il risultato? Il solito fottutissimo quattro. E l’inevitabile decisione: dalla gara 3 di stanotte, addio al brutto della differita e via al bello della diretta. Anche se a questo punto temo di addormentarmici davanti, e di sognarmi Beppe Signori che esce dalla Snai e che mi dice come va a finire ancora prima che finisca.

Nemmeno il tempo di rendermene conto, ed ecco cominciare la replica. Anticipazioni in studio con tanto di statistiche. Da un 2 a 0 nella serie, nella storia della Nba soltanto tre squadre sono riuscite a rimontare.

Ritragedia. Riputiferio. Ho ripensato. Ho rirealizzato. Ho ricapito. A forza di piacchiarlo ho trasformato il mio divano in un blocco di emmenthal ricoperto di stoffa. Anche qui mi sono chiesto per quale motivo il giornalista di Sky avrebbe dovuto ragionare su certe statistiche senza un motivo valido. Insomma, era la riprova di quello che avevo sentito con la coda dell’orecchio. I Miami Heat avevano vinto anche gara 2.

Fischio d’inizio. Depresso e demotivato mi sono messo a guardare quei dieci stronzi che corrono a destra e a sinistra per cercare di infilarla nel buco. Sapendo già il risultato tanto valeva guardarsi un porno, in fondo lo scopo del gioco è lo stesso. Ho provato addirittura a fingere di non aver capito. Mi sono detto che comunque non si sa mai, che non è ancora detta. Ma più ragionavo su quello che avevo sentito e più mi rassegnavo.

Piccola altalena di vantaggi e di svantaggi, di parziali e di controparziali. La morale della favola è che Miami ha dominato alla grande. L’esplosività delle schiacciate di Wade e James contro i giochi mosci e le palle perse di Nowitski e compagni. A tre minuti dalla fine gli Heat vincevano di 15, e sia in campo sia in panchina tirava già aria di festa.

Tutto sbagliato. La festa era sbagliata. I miei due più due erano sbagliati, perché per una volta avevano fatto cinque. Miami si è spenta improvvisamente.  Attacco debole e improduttivo, Dallas che comincia a segnare. Prima la parità, poi il canestro decisivo del gigante tedesco che ha decretato l’incredibile disfatta degli Heat. Serie sull’1 a 1, altro che titolo molto vicino. A quel punto ho capito che la voce fuoricampo non era stata poi così stronza. Ho capito che nello spot si parlava di gara 3 basandosi soltanto su gara 1, anche se quel molto vicino suona ancora molto strano. E ho dedotto anche che l’anticipazione dallo studio di Sky voleva soltanto dare un po’ di numeri, magari depistando a dovere lo spettatore. Ben fatto dottor Mamoli, Kronakus non c’aveva proprio capito un cazzo. Sul tiro allo scadere da parte di Nowitski mi sono messo le mani tra i capelli e sono rimasto a bocca aperta per lo stupore. Sembravo una puttana d’alto bordo a fine turno, anche perché si erano ormai fatte le cinque del mattino. Lo stesso orario che farò anche per guardarmi gli altri incontri delle finali. In diretta, però.

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ATTENZIONE: PRIMA DI ANDARTENE RICORDATI CHE DOMENICA 12 E LUNEDI’ 13 GIUGNO HAI UN APPUNTAMENTO CON LA CABINA ELETTORALE. VEDI DI NON FARLA SOFFRIRE DANDOLE BUCA, BRUTTO BASTARDO!!

Obama Bin Laden

2 Mag

Una giornata epocale. Il re del terrore è stato ucciso. Non Diabolik, quell’altro con la barba. No, non parlo nemmeno del ciccione vestito di rosso che si riscopre generoso una volta all’anno e che s’incastra puntualmente nei camini delle case dei bambini buoni. Non confondiamo i pacchi bomba con i pacchi regalo, per favore. Fatto sta che è una giornata epocale. Il re del terrore è stato ucciso dall’intelligentissima intelligence americana. O così ci han detto.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo e il, ma anche il mare. Lo stesso mare in cui pare abbiano gettato il corpo del fu (fu?) Osama Bin Laden, affogato come cioccolato nel marsala per non creare catacombe sacre in cui gli estremisti possano celebrare il sovrano indiscusso del terrorismo islamico. O magari ce l’hanno buttato per occultare un cadavere che non c’è. Chissà.

Ai posteri l’ardua sentenza. Anche perché secondo me questo resterà uno di quei misteri di cui si parlerà ancora per generazioni. Immagino i miei pronipoti davanti ai loro schermi olografici, a fare zapping con le loro dita verdi e palmate (sì, purtroppo il nucleare in Italia diventerà realtà), incuriositi da una nuova puntata di Porta a Porta condotta da un cyborg con le stesse fattezze, gli stessi nei e la stessa voce ronzante di Bruno Vespa. Mentre quello vero si trova ibernato nel freezer degli eredi Berlusconi, pronto a essere scongelato in caso di necessità nemmeno fosse Capitan America. E’ il 2 maggio 2111, e il titolo di quella sera è: “Cento anni senza Bin Laden: sarà mica emigrato ad Hammamet?”. In studio si discute del perché il corpo ripescato nell’oceano avesse in testa la maschera di George W. Bush, ma soprattutto ci si domanda chi sia realmente il barbone che risiede alla Casa Bianca, diventato presidente dopo aver scoperto la formula dell’immortalità e aver fatto egli stesso da cavia. Divenuto eroe nazionale, ha ottenuto il cento per cento dei consensi come candidato dei democratici (!) alle ultime elezioni. Battendo senza mezzi termini l’avversaria conservatrice, un ordigno atomico dalla forma umanoide con la faccia di Sarah Palin.

Zzzzz..
Zzzzz..
Zzzzz..
Aaahhhhhhh!!

No, non era una zanzara, a dispetto del nome della Baia in cui vivo. Ero io che dormivo. Ero io che russavo. Ero io che sognavo questo scenario triste e desolante. Ora mi sono svegliato, tutto sudato più che dopo una sauna sul sole. Accendo la tv e verifico se ci sono novità in questo presente non tanto meno desolante del mio futuro da incubo. Niente di nuovo, soltanto giornalisti che continuano a dare per morto un certo Obama Bin Laden. Perché a dirlo bene proprio non ce la fanno, e capirci qualcosa diventa ancora più difficile.

Oggi Sposini

30 Apr

Il mondo si è fermato. Succedono disgrazie, si susseguono una dopo l’altra calamità più o meno naturali. Il mondo si è fermato, sì. E non per Fukushima, non per la Colombia, non per la democrazia moribonda di un paese come il nostro. William e Kate si sono sposati, così il mondo che conosco si è trasformato in un mondo a livello Signorini. E poi si è fermato.

Due miliardi di gossippari ficcanaso hanno assistito a una cerimonia pomposa e vetusta come le chiappe di Fred Flinstone. Non due milioni, due miliardi. Non sono aggiornato in merito a quante anime umane o pseudo tali abitino questa Terra desolata e desolante, ma a occhio e croce stiamo parlando di oltre un quarto della popolazione mondiale. Un matrimonio che definire in grande stile sarebbe riduttivo. Una festa nuziale divenuta planetaria, finanziata dai network televisivi di tutto il globo, cassa di risonanza di un “sì lo voglio” che suona d’amore ma anche un po’ di porno. E questo spiegherebbe almeno un po’ di tutta quell’audience.
Ero in palestra quando la radio ha detto (sì, nella Baia delle Zanzare le radio parlano) che grazie ai diritti televisivi gli introiti sono stati dieci volte la spesa sostenuta per tutto l’evento. Questo significa che i numeri consentirebbero altre nove cerimonie così, tutte rigorosamente a scrocco. Con le dame e gli scacchi. E i cappellini appoggiati nelle parti più impensabili del cranio, che sembrano cadere da un momento all’altro ma che invece sono ben retti da chissà quali corna invisibili. Copricapo pendenti, troppo pendenti. Altro che made in London, quello era tutto made in Pisa!

Mi si scusi se il mio pensiero va altrove. William e Kate mi stanno pure simpatici, davvero. Hanno dei volti freschi, quasi mi piacciono. Poi lei è semplice e bella, come io credo debba essere qualsiasi donna con la d maiuscola. Spero non si rovinino con il tempo, e di certo non mi riferisco ai segni inevitabili di una vecchiaia che non risparmia neppure le corone. Però mi si scusi se ieri sono andato a letto pensando a ben altri sposini. Quelli, anzi quello, con la s maiuscola. Sarà solidarietà tra “colleghi”. Sarà senso di umanità. Sarà che lo vedevo condurre il Tg5 quando ancora aveva un suo perché, e quando non potevo sapere che un giorno avrei preso questa strada. Sarà che i malori prima degli ottanta mi fanno sempre un po’ spavento, figuriamoci prima dei sessanta. Sarà che questa storia mi fa sembrare ancora più precaria questa vita in cui tutto, ma proprio tutto si è tolto la maschera e ha mostrato il suo vero volto. Il volto di un precario, appunto. Sarà che spesso ho pensato al suo percorso. Prima giornalista in senso stretto, poi quel senso di stretto a fare soltanto il giornalista. Dai notiziari alle giurie di ballerini improvvisati, passando per i falsi sorrisi nei salotti di Giletti e per la brodaglia pomeridiana che ogni giorno ci truffa facendoci credere di starci raccontando la vita in diretta. La vita in diretta si vive e basta. E per te, caro Lamberto, non è ancora il tempo delle repliche.

Fiat Day

15 Gen

Non me ne vogliano i lavoratori di Mirafiori, ma oggi è stato il mio Fiat Day. Il mio. Non il loro. Non me ne vogliano, non m’inserirò nel dibattito che vede contrapposti il fronte del sì e quello del no. Ho rispetto per la loro scelta, che è tutt’altro che facile. Che parte da presupposti avvilenti per sfociare in scenari futuri che forse saranno ancora peggio.

Loro hanno un lavoro, io lo sto cercando. Ma prima di potermi tuffare nel mare magnum (gelatooo!!) della disoccupazione è meglio che io passi l’esame di martedì. Che ora comporta delle scelte anche per me. Darmi delle priorità per lo studio, perché tutto non potrò sapere. Il tempo stringe, le mie chiappe stanno facendo altrettanto. Ho paura, sì, ma credo sia legittima. Per questo ho deciso di dedicare quasi l’intera giornata alla questione Fiat, di dare precedenza a quella che credo sarà una delle tracce irrinunciabili per la commissione,  anche se lo sto dicendo con quattro (ormai tre) giorni in anticipo. E tutto potrebbe cambiare da un momento all’altro. Vero Ruby?!?

Per settimane ho fatto riassunti dagli articoli di giornale. Oggi ho studiato tutti quelli su Mirafiori e ho scritto di mia iniziativa un articolo sull’argomento. Per poi scoprire che era lungo il triplo di quanto mi sarà richiesto all’esame. Ma tant’è. Quindi dico che oggi è stato il mio Fiat Day. E spero che martedì, al mio referendum personale possa prevalere il fronte del sì. Cribbio.