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Ogni maledetto lunedì su due

30 Set

RadioGirl è online

KronaKus: Svegliaaaaa!!

(Otto ore dopo)

RadioGirl: Awwwww!!.. Buongiorno!
KronaKus: Ehilà! (Alla buon’ora. Vergogna)
RadioGirl: 🙂 Sono appena arrivata al lavoro..
KronaKus: …
RadioGirl: 😀
KronaKus: Ridi, ridi..
RadioGirl: Io rido sempre, per fortuna!.. Sei arrivato da casa?
KronaKus: Sì. Stamattina ti ho scritto dal mio treno delle 5 e 11. Sono stato nella Baia delle Zanzare per il weekend, e ora eccomi qua, di nuovo in redazione. Per questo io rido un po’ meno.
RadioGirl: 🙂 Come stai?
KronaKus: In questo momento cado dal sonno. E impagino pezzi di altri sostituendo deliberatamente le parole Pink e Floyd con Deep e Purple.
RadioGirl: Che monello. La stanchezza ti sta uccidendo! Io oggi ho un mal di testa cosmico. Vado in onda tra sette minuti, mangio questi peperoni ripieni di mamma e poi dormo anche io sulla scrivania.
KronaKus: Povera mamma!!
Radio Girl: Perché?!
KronaKus: L’hai messa nei peperoni!!
RadioGirl: …
KronaKus: E comunque non invertire la fase peperoni con quella della messa in onda, sennò finisce che rutti al microfono.
RadioGirl: Ah, ma si potrebbe fare.
KronaKus: Dici che sarebbe apprezzato?
RadioGirl: Certo. Sai che picco di ascolti?
KronaKus: …
RadioGirl: …
KronaKus: E di licenziamenti…
RadioGirl: Taci… Lo dico sottovoce… Oggi mi scade il contratto.
KronaKus: Shhhhh! Zitto, io.
RadioGirl: Adesso lo scrivo sulla bacheca. Ahahahahahaaha!!
KronaKus: Cioè.. Io devo stare zitto e te intando lo sbandieri ai quattro venti. Cioè, oh, ma come funziona?!
RadioGirl: …
KronaKus: …
RadioGirl: Niente, sei troppo stanco.
KronaKus: Perché? Perché ho scritto intando?!

RadioGirl è offline

Oggi Sposini

30 Apr

Il mondo si è fermato. Succedono disgrazie, si susseguono una dopo l’altra calamità più o meno naturali. Il mondo si è fermato, sì. E non per Fukushima, non per la Colombia, non per la democrazia moribonda di un paese come il nostro. William e Kate si sono sposati, così il mondo che conosco si è trasformato in un mondo a livello Signorini. E poi si è fermato.

Due miliardi di gossippari ficcanaso hanno assistito a una cerimonia pomposa e vetusta come le chiappe di Fred Flinstone. Non due milioni, due miliardi. Non sono aggiornato in merito a quante anime umane o pseudo tali abitino questa Terra desolata e desolante, ma a occhio e croce stiamo parlando di oltre un quarto della popolazione mondiale. Un matrimonio che definire in grande stile sarebbe riduttivo. Una festa nuziale divenuta planetaria, finanziata dai network televisivi di tutto il globo, cassa di risonanza di un “sì lo voglio” che suona d’amore ma anche un po’ di porno. E questo spiegherebbe almeno un po’ di tutta quell’audience.
Ero in palestra quando la radio ha detto (sì, nella Baia delle Zanzare le radio parlano) che grazie ai diritti televisivi gli introiti sono stati dieci volte la spesa sostenuta per tutto l’evento. Questo significa che i numeri consentirebbero altre nove cerimonie così, tutte rigorosamente a scrocco. Con le dame e gli scacchi. E i cappellini appoggiati nelle parti più impensabili del cranio, che sembrano cadere da un momento all’altro ma che invece sono ben retti da chissà quali corna invisibili. Copricapo pendenti, troppo pendenti. Altro che made in London, quello era tutto made in Pisa!

Mi si scusi se il mio pensiero va altrove. William e Kate mi stanno pure simpatici, davvero. Hanno dei volti freschi, quasi mi piacciono. Poi lei è semplice e bella, come io credo debba essere qualsiasi donna con la d maiuscola. Spero non si rovinino con il tempo, e di certo non mi riferisco ai segni inevitabili di una vecchiaia che non risparmia neppure le corone. Però mi si scusi se ieri sono andato a letto pensando a ben altri sposini. Quelli, anzi quello, con la s maiuscola. Sarà solidarietà tra “colleghi”. Sarà senso di umanità. Sarà che lo vedevo condurre il Tg5 quando ancora aveva un suo perché, e quando non potevo sapere che un giorno avrei preso questa strada. Sarà che i malori prima degli ottanta mi fanno sempre un po’ spavento, figuriamoci prima dei sessanta. Sarà che questa storia mi fa sembrare ancora più precaria questa vita in cui tutto, ma proprio tutto si è tolto la maschera e ha mostrato il suo vero volto. Il volto di un precario, appunto. Sarà che spesso ho pensato al suo percorso. Prima giornalista in senso stretto, poi quel senso di stretto a fare soltanto il giornalista. Dai notiziari alle giurie di ballerini improvvisati, passando per i falsi sorrisi nei salotti di Giletti e per la brodaglia pomeridiana che ogni giorno ci truffa facendoci credere di starci raccontando la vita in diretta. La vita in diretta si vive e basta. E per te, caro Lamberto, non è ancora il tempo delle repliche.

La fine di un’era (1)

21 Apr

Ci sono momenti che non puoi dimenticare. Anche se è difficile raccogliere l’acqua mentre scorre via dal letto del fiume. Ci sono momenti che non si cancellano, ma che non metti a fuoco finché non arrivi alla piccola pozza in cui tutto si ferma. Lì il massimo che vedi sono cerchi concentrici proiettati su se stessi. Metti a fuoco nell’acqua che qualcosa è cambiato. E che è davvero la fine di un’era.

Sentire dal nostro giornale radio che l’attuale biennio della scuola di giornalismo lascia in eredità, come vuole la tradizione, la nuova sigla per le edizioni che andranno in onda dal prossimo autunno, è stata una stretta al cuore. L’attuale biennio siamo noi, ma ancora per poco. Una decina di giorni e ce ne andiamo. Ma per due anni sentiranno la voce introduttiva di un mio collega. L’ho sentito in diretta, dallo studio oltre la parete a cui mi sono appoggiato. Si torna a settembre con le nuove leve. Il solo pensiero mi sembra pazzesco.

E sono già cominciati gli addii. Con radio e tv abbiamo finito. Abbiamo salutato docenti e tecnici. Qualcuno non è riuscito ad abbracciare il prof. di televisione, quello grosso, grasso e fintamente burbero, ma che quel qualcuno avrebbe voluto tanto salutare, se fosse stato un uomo meno uomo di un uomo che fa l’uomo. E che quindi non riesce a piangere di fronte agli altri.
L’insegnante di dizione se n’è andato quasi su un tappeto rosso. Il saluto a lui è stata una sorta di manifestazione spontanea, non programmata, forse anche difficile da preventivare. Un goodbye a mo’ di flash mob. Io non me l’aspettavo mica. L’abbiamo visto giusto una dozzina di volte in due anni. Personalmente ho fatto dizione soltanto ieri mattina, per una decina di minuti. Eppure l’abbiamo abbracciato e baciato con tutti gli onori. Cori di “nooo!”, e gli occhi lucidi di lui. Quella faccia buona e quella voce così profonda e vera hanno lasciato il segno.

Una lettera per cambiare

9 Feb

Siamo alla fase due. Forse. Noi della scuola cerchiamo un riscatto. Per noi, per i docenti e per la scuola stessa. Che è considerata tra le migliori in Italia, ma che quest’anno è caduta giù in picchiata. Toccando, probabilmente, i minimi storici in quanto a qualità.

Abbiamo scritto una lettera aperta. Aperta a noi, una sorta di documento open source elaborato a sessanta mani. O quasi. Io, per esempio, non ho partecipato al botta e risposta via mail che ha portato alla stesura del testo finale. Ma non me ne preoccupo. Ero troppo preso dalla mia tristezza, dovuta alla scomparsa della mia gatta, per pensare a una stupida lettera. Che potrebbe, sì, dare una svolta ai due mesi di scuola che mi restano, oltre che alla mia stessa formazione. Ma non importa. La vita e la morte stanno sopra ogni cosa.
E poi il documento è deciso, incisivo, preciso. Lo condivido, mi va bene così. Contiene richieste dettagliate, elenca qualche pregio e una marea di difetti da correggere subito. Offre proposte mirate per migliorare la nostra scuola e per riportarla agli antichi splendori.
Si salva solo il giornale di carta. La tv va bene, ma occorrono tempi di lavoro più ristretti o si rischia la catalessi. La radio è allo sbando, siamo passati dai radiogiornali agli speciali, e per più di metà del tempo si cazzeggia su Facebook. Il lavoro che sta dietro gli articoli online è male organizzato. E l’agenzia, aggiungerei io, è quasi una farsa.

C’è un malcontento così grande che si taglia a fette. Con questa lettera cerchiamo di dare un senso al prossimo bimestre. Vogliamo prendere il meglio da questa scuola. La stessa scuola che ascolta di buon grado le nostre richieste, sì, ma che non manca di puntare il dito contro di noi. Che siamo sempre meno motivati, sempre più abbandonati e passivi sul lavoro. Un motivo ci sarà, dico io. Anche se, è vero, ogni cambiamento non può che partire da noi stessi.

Grazie Tg1

12 Gen
Oggi, La Repubblica, pagina 53:
Sale.
Fa male, riducetelo
la nuova crociata degli americani

Oggi, Tg1, edizione delle 20, lancio del tredicesemo servizio:
Scoperto un nuovo tipo di colesterolo, pericoloso come causa d’infarto. E per lo stesso motivo l’America Latina lancia una campagna contro l’eccessivo consumo di sale.

Oggi, La Repubblica, pagina 23:
“Si sclera, si sta dentro”
ecco come parla
la generazione 20 parole

Oggi, Tg1, edizione delle 20, lancio del quattordicesimo servizio:
“Scialla”, “svario”, “sottone”… Non sono termini stranieri, ma parole che fanno parte del linguaggio dei nostri teenagers

Mi stavo dicendo: durante questo periodo di pseudo-vacanza ho aggiornato troppo poco il mio blog. Sì, ok, ma cosa scrivere? Inutile riempire questo diario virtuale con post vuoti e privi di cose vere da raccontare, ora che sono a casa mia e che non ho sostanzialmente molto da dire. Ma poi è arrivato il telegiornale della “prima rete”, e luce fu. Ecco la scintilla, ecco l’ispirazione.
Il Tg1 ha ripreso due articoli di Repubblica e ne ha fatto dei servizi. Inutile condannare il continuo copiaincolla fra testate, anche di media diversi. E’ una prassi consolidata, per quanto discutibile. La cosa buffa non è tanto che Minzolini & Co. abbiano preso in prestito un paio di idee dal quotidiano del gruppo L’Espresso e le abbiano fatte proprie per l’edizione di stasera. Ma, piuttosto, che non sia avvenuto il suo esatto contrario.
Mi spiego: le notizie arrivano, la redazione ci lavora su. E fin qui ci siamo. Ma chi è il primo a poterle diffondere? Le agenzie certo. Poi probabilmente il web. Forse la radio. Magari la tv. Di certo il quotidiano arriverà per ultimo.
Ergo: se Repubblica avesse preso spunto da alcuni servizi del telegiornale della sera prima non sarebbe stato molto professionale, ma tutto sommato sarebbe stato accettabile. E’ tutta da interpretare, invece, la scelta del Tg1, che ha costruito servizi per il tg serale sulla base di articoli di giornale che non solo sono già usciti molte ore prima nelle edicole, ma che sono stati scritti, in tutta probabilità, almeno ventiquattro ore prima della messa in onda del telegiornale. La novità, se mai ci fosse stata, puzza già di marcio. Come se il mio panettiere mi vendesse il pane del giorno prima spacciandolo per quello di oggi.
Notizie fresche per tutti, insomma. E soprattutto, originali. Grazie Tg1.
Io, intanto, per non sapere né leggere né scrivere, il giornale di domani me lo leggerò dopo il telegionale della sera. Non sia mai che mi debba guardare il “Minzolini Show” con un senso di dejàvu!!

Un mondo senza media

7 Gen

Un mondo senza media. Senza giornali né telegiornali. Senza radio, e anche senza internet. Un mondo dove esser collegati assumerebbe tutto un altro significato. Un mondo, insomma, dove io non lavorerei. Un mondo che non sto inventando io, ora. A farlo c’ha già pensato una lettrice de Il Venerdì di Repubblica, che in una lettera pubblicata la scorsa settimana si domanda: “Ma sarebbe davvero meglio vivere senza i media?”.

Michele Serra cura la rubrica e risponde. “Proviamo a fare così, Marcella: partiamo da ciascuno di noi. Cerchiamo di scegliere meglio le parole, quelle da scrivere e quelle da leggere. Diventiamo più selettivi, cambiamo canale quando la tv ci offende o ci deprime, cerchiamo sui giornali, o in rete, solo quello che ci serve e ci nutre. E’ più faticoso, ma evidentemente siamo al mondo per faticare. Buon anno anche a lei, e a tutti i lettori”.

Adoro Serra. E’ conciso, ironico. Ma è anche un po’ egoista, e il motivo è semplice. Non è corretto fare terra bruciata intorno ai colleghi. Suggerire al  pubblico di diventare più selettivo. Addirittura di cambiare canale quando la tv ci offende e ci deprime. Ma dico io, ma a Minzolini e il Tg1 non ci pensi proprio, Michele?!

E poi, signora Marcella, pure lei con le sue idee rivoluzionarie… Un mondo senza media. Senza giornali né telegiornali. Senza radio, e anche senza internet. Un mondo dove esser collegati assumerebbe tutto un altro significato. Un mondo, insomma, dove io non lavorerei.


Ok, signora Marcella, dove devo firmare?!?

Condannato all’online

14 Ott

In questo mare di nullafacenza, noi due stagisti abbiamo comunque il nostro salvagente. Un’àncora di salvataggio dalla noia e dalla frustrazione più totale. E’ il sito. Dove due o tre volte al giorno troviamo uno sbocco per scrivere qualcosa. In attesa che verso sera ci venga commissionato un box, o magari una breve, per il giornale del giorno dopo.

E mi viene da ridere. Perché quando avevo chiesto uno stage online sono finito a fare agenzia. E questa volta che dovrei scrivere per un quotidiano, mi ritrovo a lavorare per l’online. Una dolce condanna, certo. E in fondo è un cerchio che si chiude. Mi domando, però, se il prossimo anno sarà il caso di chiedere uno stage in radio per poter finalmente scrivere su un quotidiano.

Sarà il cambio di stagione?

6 Apr

La tre giorni di radio si è conclusa con altre due edizioni coordinate da me, ma con la supervisione del Placido al posto della Scimmia Urlatrice.
Il Placido è l’ex-direttore della scuola, e mi sembra di capire che sia ancora un grosso punto di riferimento. Per gli altri docenti. Per la segreteria. E pure per noi.

La cosa certa è che si è lavorato in assoluta tranquillità, complice anche l’abbondanza di servizi, alcuni dei quali avanzati dai giorni precedenti. Servizi riciclabili, non essendo strettamente connessi alla cronaca. Ma l’ultima giornata è stata segnata anche da un surplus di notizie. Per la diretta delle 12 30 ne abbiamo prodotte così tante da averne tagliate la metà per esigenze di spazio. Tutto se n’è andato liscio. Sereno. Senza gli spasmi provocati dagli strilli ingiustificati della Scimmia Urlatrice. Che intanto se n’era tornata al suo lavoro di sempre. Sì, perché i nostri docenti o sono in pensione o fanno altro nella vita. E sono tutti grandi professionisti, di oggi e di ieri.

Io mi ritengo soddisfatto. Ho lavorato bene, e mi faccio un applauso sincero. Calmo. Placido, pure lui. Perché in fondo sono severo con me stesso, e anche se sono consapevole che è filato tutto liscio, c’è quel piccolo neo per cui sorrido ma allo stesso tempo rifletto: ho coordinato sei edizioni, e nemmeno all’ultima sono riuscito a impaginare il radiogiornale in tempi decenti.
Cosa significa? Significa che ho sempre cominciato tardi a mettere in ordine il materiale – notizie e servizi – per la messa in onda. Una cosa da fare presto, sia per capire cosa e quanto tagliare, evitando interventi in extremis che rischiano di essere sbagliati e senza senno.
E poi ho concesso ai conduttori poco tempo per provare. il primo giorno, lo Stravivo me ne ha quasi fatto una colpa, lamentandosi con il suo solito fare che sa di arroganza. E che non ho ancora capito se lo è davvero. “Sono le 12 10 e ancora non ho avuto in mano il copione”, aveva detto quando mancavano venti minuti alla diretta.

Lì per lì avevo sentito il peso della responsabilità, ma poi la Scimmia Urlatrice ha fatto le mie veci nel mettergli in chiaro che i tempi sono questi, e che in radio funziona così. Che a volte non si prova. Che possono arrivare aggiornamenti in diretta. Che ci si può anche ritrovare a parlare di cose di cui non si sa assolutamente una mazza. Con termini astrusi, o magari con dati percentuali in doppia cifra da leggere come fossero scioglilingua.

Ma la questione lì è iniziata e lì finita. Tranne il fatto che neppure gli altri conduttori hanno avuto modo di provare con calma. Nemmeno le volte dopo. E’ che il caporedattore radio ne ha davvero troppe da fare, tant’è che si sta pensando di istituire una figura di vice per il prossimo anno. Cercare notizie, smistarle tra i compagni, raccoglierle una volta pronta, assicurarsi che i servizi arrivino in tempo, fare i titoli. E tante altre cose che ora non mi vengono neppure in mente. Mentre le notizie continuano ad arrivare a flusso.

Beh, tutto molto stimolante. Anche se sabato mattina ho dovuto dormire più di nove ore per cercare di recuperare. Per poi svegliarmi con più sonno di prima. O quasi.
Sarà il cambio di stagione?

Directus interruptus

1 Apr

Il Tecnico ha preso la cornetta del telefono. Come sempre, alla fine di ogni diretta, ha richiamato quelli della radio che ci ospita per sentire se è andato tutto ok. Il nostro collegamenteo funziona così, via telefono. E anche oggi ha chiamato.

Pronto? Tutto bene?
..
Cosa?
..
Come no?
..
Ma com’è successo?
..
Che significa che si è interrotto a metà?
..
Ma come?
..
Ma no, non è possibile!
..
Aspetta, eh..
..
Cazzo, è vero!! Mi si è scollegata la consolle! Merda..

La Scimmia Urlatrice non aveva nemmeno la forza di urlare. Una belva snaturata dall’imprevisto. A un certo punto ha chiesto al Tecnico di farsi dare una seconda chance. E’ una piccola radio locale, si presume non abbia un palinsesto poi così rigido. Un’altra diretta, magari fra mezz’ora, non le sembrava un’ipotesi così azzardata.
Ma niente da fare. Il tecnico ha fatto cenno di no. E mentre chiudeva la cornetta ha spiegato che non è possibile perché c’è tutta una programmazione che devono seguire. E poi…

“Waaaaaaaaaaaaaahhhhh!”
Il Tecnico sembrava impazzito. Ma mentre stavo sudando freddo – sono caporedattore da un giorno, e ho già le (s)vampate – ho fatto uno più uno. Il calendario parla chiaro: oggi è il primo aprile. Era tutto un cretinissimo scherzo.

Fanculo, Tecnico. Mi devi un by-pass.

La Scimmia Urlatrice

31 Mar

Devo essere impazzito. La sveglia alle 7 e 25 per vedere il tg regionale. Devo essere impazzito, dato che da quando sono qua mi sono sempre alzato all’ultimo secondo utile per non fare tardi. Non sempre riuscendoci.
Oggi no, potere della radio. O meglio, potere della carica di caporedattore radio. Prima di me solo la Compagna aveva avuto queto ruolo durante una simulazione. Ho sentito il peso dell’investitura, nonostante la cosa si svolga in modo assultamente casuale, e a rotazione. Ma ho voluto essere – come si dice – performativo. Ho pensato alla performance. Ho voluto dare il meglio di me. E così, sveglia alle 7 e 25.

Riunione di redazione. Ho snocciolato una marea di argomenti accuratamente selezionati dal tg, ma ne sono serviti solo tre. E’ così che funziona. Uno si alza presto e prende qualche spunto dal lavoro degli altri. Poi propone ai professori i temi che vorrebbe affrontare, che ritiene almeno un po’ importanti. Ma poi ne serve solo qualcuno, perché è inutile dire che si lavora molto sulle agenzie che escono durante il giorno.

La prima edizione prima di pranzo. Una radio locale ci fa da spalla, offrendoci le sue frequenze per due radiogiornali al giorno. Il secondo nel tardo pomeriggio.

Tutto è andato liscio, tranne l’ultima mezzora prima delle dirette. Lei sbraitava a destra e a manca, alla ricerca di chissà cosa. Forse di una pace interiore. Lei, che tutti chiamano prof, ma per me è soltanto la Scimmia Urlarice. Che ha un ruolo di prestigio nel mondo della radio. Insomma, sa il fatto suo. Ma credo sia fortemente ipertesa, che il suo medico se ne sia accorto, ma che lei ignori bellamente l’urgenza di curarsi. E’ l’ansia fatta donna. Anzi scimmia. Urlatrice. E io lì a sorbirmela come una bevanda ghiacciata al polo nord. In poche parole, ho rischiato una congestione nervosa.

..
Beh, il resto ve lo racconto domani. Tra una cazzata e l’altra devo ancora cenare, perciò tanti saluti. Mi aspetta una bella insalata di tonno. Che, francamente, mi fa molto più gola di voi.