Prima o poi doveva succedere. No, non mi hanno ancora rispedito a casa, per ora niente calci in culo. Ma un calcio in bocca, oggi, credo di essermelo preso. Mi hanno fatto fare una videointervista, io che con il video non mi sento poi così a mio agio. Mi vedo meglio dietro la telecamera, piuttosto che davanti. Infatti un altro sogno sarebbe fare il regista. Scusate un attimo, mi do un pizzicotto e torno.
Dicevamo. Oggi hanno giocato al tiro alla fune con i miei nervi. Speravo di scamparla, ma allo stesso tempo sapevo di essere un illuso. Mi hanno chiamato mentre ero fuori, per dirmi che nel pomeriggio sarebbe venuto il tipo della conferenza sull’autismo per essere intervistato. Fosse stato di mattina, mentre ero in giro, c’avrebbe pensato la Stagista. Invece no. Mi hanno chiamato per avvisarmi. Stavolta sarebbe toccato a me.
L’intestino si è rovesciato su stesso, con il cibo di un pranzo non ancora mangiato che mi ballava dentro come Joaquin Cortes. Esatto: sentivo fitte da tip tap. Ero agitato. Come uno scolaretto il primo giorno di scuola, ma già con la consapevolezza dell’imminente tragedia. Sigh.
Poco dopo un’altra chiamata. Il Capo mi dice che il tizio è già lì, che lo sta per intervistare la Stagista, ma che gli serve uno dei volantini che hanno distribuito alla conferenza stampa. Volantino che, ovviamente, non ho pensato di lasciare in redazione. Insomma, è qui con me. Il Capo mi rimprovera senza troppa rabbia, e mi dice che si sarebbero arrangiati in qualche modo.
Finalmente trovo la pace dei sensi, della mente e, soprattutto, delle interiora. Aiutato anche da un buon pranzetto, ma più leggero di quello di pochi giorni fa.
Fino a che non guardo il cellulare e non scopro sei chiamate senza risposta. Del Capo, ovviamente. E ancora più ovviamente c’era anche un messaggio, lasciatomi dover aver realizzato che non avrei risposto al telefono in tempi brevi. “Dato che hai portato via la documentazione (cosa che non devi fare) non abbiamo potuto fare l’intervista. Tornerà oggi pomeriggio, e la farai tu”, diceva.
Non è stato bello risentire il tip tap, questa volta con lo stomaco realmente pieno.
Mi sono fatto coraggio, e l’intervista è andata a buon fine. La mia goffaggine era così spessa da tagliarsi con un’ascia bipenne. La mia inopportunità di fronte a quella telecamera era più che palese, ma in fin dei conti me la sono cavata. Anzi, ne sono uscito a testa alta, fiero di me e di essere la nuova Lilli Gruber. Con molto meno charme, molta meno padronanza del corpo, molto meno fascino. Insomma, molto meno Lilli e molto meno Gruber. Ma pazienza, il mio futuro non è nel video giornalismo. Il mio futuro è…
Grazie per averci seguito. Vi lasciamo ad Affari Tuoi e poi alla settemilionesima puntata de Il Commissario Rex. Arrivederci.
ciao, mi hai lasciato un commento, che dato mi piace graficare…
in che cosa ti dovrei dare una mano?!
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Hai già iniziato a ‘provare’ l’inquadratura a 3/4 davanti allo specchio? 😀
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@ st3llyna: semplicemente devo ancora fare l’header, come vedi. 😀 Se ti va puoi darmi una mano, ma era più una richiesta scherzosa, poi vedi tu. 🙂
@ saraparmigiani: no, e non ho intenzione di farlo!!
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ciao! grazie per il tuo commento, ma fortunatamente per me la mia membership nel club dei lavoratori domenicali è solo temporanea (per ora…)! in bocca al lupo per il tuo lavoro, e a presto.
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Succede. Che i capi siano capi e che i sottoposti siano sottoposti. Io col mio capo ci vado d’accordo. E molto. ma con quello di prima mancava poco che ci prendevamo a martellate sui coglioni. grrrrr
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Succede, ma ci sono dei limiti anche lì. Da me non sono stati superati, non ci sono scandali. Se non un atteggiamento generale che disarmerebbe pure la Russia..
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Succede. Per quello ci viene in soccorso la ventura che dice:
CREDERCI SEMPRE, ARRENDERSI MAI.
E se lo dice lei!! 😉
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La Ventura verrà forse in tuo soccorso.
Da me al massimo viene sua sorella. Quella con la s davanti…
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