Non ditelo a Freud

5 Gen

Ero in una stanza del cazzo, in compagnia di nonricordochì. Sembrava una scuola, tant’è che non avevo una scrivania ma un banco. Ma sapevo, io lo sapevo di essere in redazione. Appena arrivato mi hanno messo pressione. Stavo col giubbotto, non avevo avuto nemmeno il tempo di toglierlo. Mi sono messo subito a lavorare, con minacce che venivano direttamente dalla porta alle mie spalle. Tu lo sai, KronaKus, lo sai. Se ti vedo fermo lo sai cosa ti succede.

Appena ho avuto un attimo per alzare la testa ho preso in mano un pacco di Pavesini. Dovevo pur mettere qualcosa sotto i denti. Ma non so quella confezione da quanto tempo fosse aperta. Ne ho mangiato uno, poi mi sono accorto che c’erano dei depositi verdognoli. Era muffa. E il motivo è semplice: qualche giorno prima li avevo cominciati, ma non li avevo finiti. Non c’era tempo!! Sul banco-scrivania avevo pure due mozzarelle spuntate da chissà dove, da mettere in frigo prima di far fare loro la stessa fine di quei poveri biscotti gialli. Ma poi mi sono svegliato. Non saprò mai se la mia ansia da prestazione (lavorativa, eh) mi ha messo sulla coscienza anche quella coppia di latticini. Lunedì farò la conta delle vittime.

3 Risposte to “Non ditelo a Freud”

  1. 9dropsofink sabato, 5 gennaio 2013 a 17:18 #

    Secondo me c’avevi solo una gran fame!

    Cmq sicuramente per Freud quelle due mozzarelle simboleggiano du’ belle poppe che desideri, ed il pavesino andato a male il tuo pistolo! xD

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